CALCIO-NEWS

maradona1894Dal possibile 3-0 al 2-2 finale. E´ ancora beffa granata con il Milan, stavolta al Grande Torino e in campionato, dopo le lacrime di coppa. Se quello di San Siro era stato un suicidio, Mihajlovic dixit, questo harakiri fa ancora più male perché partito da una posizione di grande vantaggio e con la ghiotta opportunità di chiudere su rigore il match. Invece la faccia dei granata è sempre la stessa, preoccupante versione: irresistibile per 45´, disastrosa nella seconda metà gara. Il tecnico del Toro chiedeva la prestazione della svolta, invece la sua squadra si è incartata nei soliti vecchi vizi. Un problema che sembrava lontanissimo nel primo tempo, quando i padroni di casa in 5 minuti di furore hanno sbloccato e messo quasi al sicuro il risultato con un uno-due micidiale. Almeno così sembrava, quando tra il 21´ e il 26´ sono andati a rete due volte, prima con Belotti autore dell´ennesimo gol da opportunista (intercettando un tiro debole di Ljajic), poi con Benassi che di tacco ha siglato il 2-0 della grande illusione. Un´illusione che poteva trasformarsi in cemento armato, se al 31´ Adem Ljajic non avesse sbagliato malamente il rigore fischiato da Tagliavento per fallo di Abate su Barreca.

Il Milan ci ha messo un tempo a carburare, ma dopo i salvataggi sul finir di tempo di Hart su Suso (due volte) e Bertolacci, è venuto fuori in una seconda parte di grande grinta, anche grazie ai regali del Toro. La squadra di Montella ha raddrizzato la partita in 5 minuti: prima Bertolacci ha realizzato il gol del 2-1 convalidato dalla gol line technology, dopo la doppia opposizione di Hart. Poi il suicidio perfetto l´ha compiuto Rossettini stendendo ingenuamente in area Paletta e consentendo a Bacca di presentarsi dal dischetto: il tiro del colombiano è stato ben altra cosa rispetto a quello di Ljajic. Feriti al cuore, i granata hanno provato a rialzare la testa con il solito Belotti, ma neanche la superiorità numerica nel concitato finale (espulsione di Romagnoli per doppia ammonizione), nè l´ingresso di Iturbe hanno riportato il sorriso in casa del Toro. Che mai come stasera deve recitare un grande mea culpa.

Fonte: lastampa.it

La rabbia di Sinisa Mihajlovic va in scena in diretta televisiva: Torino-Milan è finita da pochi istanti, i granata si sono fatti rimontare due gol in cinque minuti e il tecnico serbo sfonda il pannello delle interviste post-partita con una manata (e uno steward si ferisce). “Non sono arrabbiato – attacca Miha ai microfoni di Premium Sport -, sono infuriato e molto deluso perché continuiamo a buttare via punti e sprecare occasioni. Pareggiare questa gara è stato folle, abbiamo commesso gli stessi errori di quattro giorni fa: siamo andati avanti segnando due gol, poi c´è stato il rigore sbagliato, nella ripresa torniamo indietro e subiamo la rimonta, dopodiché ricominciamo a giocare. Sono deluso perché non siamo riusciti a fare il salto di qualità. Non so se è una situazione risolvibile: stiamo lavorando ma commettiamo sempre gli stessi errori. È inutile parlare di Europa, perché, anche se ci proveremo lo stesso, perdendo punti in questo modo non riusciremo ad andarci. Cosa ho detto a fine gara? Ne parliamo domani…”.

GESTIONE — “Perché abbiamo arretrato così tanto nei primi 15 minuti della ripresa? Non lo so, me lo chiedo anche io… Non c´è nessun motivo. Ma così non si può giocare. Dobbiamo saper gestire queste situazioni: giocando contro il Milan ci sta che si possa subire la loro reazione, ma bisogna controllare meglio. Se questa squadra non avesse le qualità per farlo non direi nulla, ma questi giocatori possono e devono controllare il risultato. C´è un problema di personalità, è evidente”.

MERCATO — “La società sa quali sono pregi e difetti di questa squadra: noi dobbiamo essere bravi a convincere la società ad investire. Non ci vuole un genio nucleare per capire cosa serve…”.

LA BOCCIATURA — Il tecnico serbo conclude con un paio di battute su Adem Ljajic che ha avuto dal dischetto la palla del possibile 3-0 che avrebbe – chissà – chiuso ogni discorso e l´ha sprecata tirando centralmente e facendosi respingere il tiro da Donnarumma: “Ljajic ha tirato male il rigore, l´hanno visto tutti, ma mica lo posso né lo voglio accusare per quell´errore. Però non mi è piaciuto come ha giocato. Cioè, la voglia c´era ma non si è mai reso pericoloso”.

Fonte: gazzetta.it

L´ultimo passaggio è per Diego junior. Con la mano sul cuore: «Voglio mio figlio qui sul palco, accanto a me, ti chiedo scusa dopo trent´anni: non ti lascerò mai più». Giù il sipario. Suona l´Orchestra dei ragazzi della Sanità, altro simbolo del riscatto di Napoli. Sulle note di «´O surdato ´nnammurato» Maradona saluta il San Carlo: canta a squarciagola «oj vita, oj vita mia» e palleggia con il mappamondo e con Alessandro Siani, un gioco che rievoca «Il grande dittatore» di Chaplin.

«Auguro al Napoli che vinca tutto, voglio che la gente di Napoli sia felice», dice il Pibe de Oro, mentre dalla platea gli urlano di non andare via. «Noi ti amiamo, tu puoi tutto, ora hai anche le chiavi della città», rilancia Siani. «Tutti mi danno le chiavi, ma non ho l´indirizzo», scherza l´argentino. E manda un messaggio (quasi un assist) a De Laurentiis, seduto in poltronissima: «Al presidente chiedo di vincere, abbiamo fiducia in lui. Io non me ne voglio andare. Qui sto benissimo. A Napoli sono stato felicissimo».

L´atmosfera è da stadio. Il grande show comincia alle 21.20, con l´Inno alla Gioia di Beethoven, poi l´attore Peppe Lanzetta legge il suo monologo: «Il re è tornato». Dopo la proiezione dei videomessaggi di Totti e Del Piero, salutato da un´ovazione, sul palco sale Diego Armando Maradona, in completo nero.

Per lui il tempo non passa mai. A trent´anni dallo scudetto, il San Carlo diventa San Paolo, el Pibe de oro dice d´un fiato: «Mi sento come a casa, come mi sono sempre sentito qui. Io non tradisco…». È il solito, incorreggibile Diego, che subito va all´attacco e para le polemiche: «Qualcuno si è lamentato perché qui il biglietto costa 300 euro, ma l´abbiamo fatto perché Pelè organizza uno spettacolo e li vende a 200 euro. Lui deve arrivare sempre secondo». Sullo sfondo, spunta anche una foto di Gesù e, poi, tra le risate del pubblico: «Messi non è neanche l´unghia del tuo piede destro».

Gli amici e i protagonisti del grande Napoli si alternano sul palco del teatro. Al centro c´è la prima maglia del Napoli, regalata a Salvatore Carmando, storico massaggiatore azzurro che Maradona volle anche nella nazionale argentina. C´è Gigi Savoia che racconta «com´era Napoli prima di Diego». Applausi, e giù fischi quando calano le sagome dei nemici Platini e Blatter: «Non siamo dei ladri, via».

Il pubblico intona: «Oh, mamma, mamma, mamma». Entra Gianni Minà, e l´abbraccio è lungo un´eternità. «Con lui farei qualunque cosa», dice il giornalista. Diego rievoca lo storico gol alla Juventus, quel «tanto gli segno lo stesso» che fece infuriare Tacconi. Maradona chiama Reina: «Tu sei portiere, lo sai quanto è difficile fare gol da così vicino».

Sullo schermo vengono proiettate le immagini del colpo del secolo, quello celeberrimo all´Inghilterra. A ogni scatto viene associata una parola: razzismo, invidia… e dopo il tiro a segno libertà. «Ha dribblato tutti questi mali del mondo per la libertà». Diego si commuove e ammette: «Mi pacerebbe che mamma lo vedesse».

L´emozione più forte è legata ai ricordi di famiglia, e anche del padre, con la sveglia all´alba per andare a lavorare in fabbrica. «Lo ringrazio per avere sfamato tutti e sette a casa. Ci sono mancate tantissime cose, ma non c´è mai mancato l´amore. La prima volta che mi ha detto che avevo giocato bene è stato dopo Argentina-Inghilterra».

Non solo calcio. Assieme a Minà, Maradona tocca i temi più svariati: «Con il Papa argentino mi sono avvicinato alla Chiesa, siamo in due adesso a “rompere la testa”. Lui mi ha chiamato e io sono andato, sono sempre dalla parte dei bambini che soffrono», dice ricordando anche l´impegno del Pontefice contro il dramma della droga. C´è poi spazio per ricordare Castro: «Sono stato 9 ore e 15 minuti a parlare con Fidel e 8 ore e 40 minuti a parlare con Chavez e non mi sono annoiato. Con Trump? Non capisco l´inglese e con lui non voglio capirlo».

Non manca il momento con il magistrato: Catello Maresca, un altro cresciuto «sugli spalti del San Paolo». «Diego, mi hanno chiesto di farti una domanda. Io in genere le faccio in altri posti». «Meglio qui», replica il campione e il pm parla della paranza dei bambini, invitando Maradona a dire la sua: «Ai ragazzi dico: non prendete la droga, non sparate. I ragazzi dell´Orchestra della Sanità sono l´esempio più grande, loro hanno vinto come ho vinto io. So che Napoli ce la farà lottando».

Dal San Carlo a Gomorra, sul palco arriva pure Salvatore Esposito, alias Genny Savastano: «Ma io sono un bravo ragazzo, sono venuto con mia mamma e mio padre». Gag e battute su “Goalmorra”, un´ipotetica squadra con i personaggi della fiction schierati in campo: don Pietro Savastano in porta, Ciro l´immortale che gioca in difesa, «un tempo con noi e un tempo con gli avversari: è sciossionista». A destra Scianel col fisico di Bruscolotti e così via».

Sul palco campeggia anche la maglietta rossa delle Cebollitas, la squadra giovanile dell´Argentinos: cento vittorie di seguito, la prima tappa della storia del calcio. «Che non è solo felicità».

Il tributo continua con Lina Sastri – in abito nero, tacchi e spacco profondo – che omaggia Pino Daniele e Diego con «Napul´e». Poi è la volta dello scrittore Maurizio De Giovanni. «Era de maggio» è l´incipit del suo racconto che rievoca la festa della città per gli scudetti e facendo l´appello dei giocatori che hanno fatto la storia del calcio azzurro. Quando compare la figurina di Ciro Ferrara, il pubblico fischia e Maradona stoppa tutto. Sul palco salgono allora i giocatori del Napoli vittorioso e il San Carlo si trasforma ancora una volta nel San Paolo. Ognuno di loro parla del suo momento più bello nell´avventura condividsa Diego: per Di Fusco è la vittoria sulla Juve in Coppa Uefa, per Renica «i valori trasferiti da Diego», Carnevale rivela di «avere visto la Madonna con lui», Carannante la prima visita medica, insieme. Si chiude con il rap di Clementino.

Alessandro Siani, il re del botteghino italiano che ha scritto e diretto lo spettacolo, è dietro le quinte, lo spettacolo è tutto per Diego. «Voleva fare un film – svela il comico -. Poi ho pensato: ma si sveglierà alle 6 del mattino per parecchie settimane? Mangerà ogni giorno il cestino? Mi sono risposto di no e ho concentrato tutto in uno spettacolo teatrale. Volevo raccontare il percorso di un uomo non facile».

Costruiti ad arte momenti di finta tensione, con le incursioni sul palco: «Diego, posso stringerti la mano?». «Uuuu, è la mano di Dios».Allora la platea intona «chi non salta juventino è», e quasi crolla il teatro.

Fonte: ilmattino.it

“Parlerò col presidente, poi si vedrà” aveva detto Corini dopo la pesante sconfitta per 4-1 contro il Sassuolo. Nella giornata di lunedì il tanto atteso colloquio c´è stato e Zamparini ha deciso di confermare il suo allenatore. Corini aveva promesso che, in caso di permanenza, i rosanero avrebbero potuto ancora lottare per la salvezza: “La questione era complicata già quando sono arrivato, abbiamo dato segnali di ripresa anche quando la squadra non ha portato a casa dei punti. Se ogni volta si cerca un responsabile non si va avanti. Avrò modo di sentire il presidente per capire se c´è voglia di fare qualcosa di importante”. E ora avrà modo di provarci.

Lo sfogo di Corini in conferenza – Prima della sfida di domenica contro il Sassuolo, l´allenatore rosanero aveva parlato con toni duri della situazione dei rosanero: “Adesso mi spoglio dal fatto di essere allenatore del Palermo, voglio parlare da tifoso che ama questa società. Se non usciamo dal limbo in cui creiamo una possibile svolta ogni settimana non cresciamo mai. Puoi essere anche Mourinho o Klopp, non se ne esce. Si mette troppa pressione sulla squadra, non puoi vivere sempre col dentro o fuori. Ci deve essere una crescita, un lavoro sui pregi e i sui difetti. Se non si esce da questo limbo diventa dura per tutti. Non so cosa può succedere dopo Sassuolo. Ogni partita è una bomba atomica in questa società. Se ad ogni vigilia vi domandate cosa accadrà dopo la partita vi sembra una situazione normale? Un giornalista dovrebbe chiedersi chi giocherà, invece a Palermo ci si chiede sempre se l´allenatore rimarrà. Vi sembra normale?”. E ancora: “Come si fa ad andare avanti con un presidente che vuole mandarmi via? L´ho pensato anche io ma dobbiamo dire che ci sono stati diversi miglioramenti – aveva detto Corini – non accetto una critica strumentale che poi porta all´autolesionismo, accetto soltanto i pensieri e la critica oggettiva”.

Fonte: sport.sky.it

“Entriamo nel calendario quando mancano quattro partite per arrivare in finale ma bisogna cominciare a fare bene da domani. E´ una competizione alla quale teniamo”. Il tecnico dell´Inter Stefano Pioli è pronto all´esordio della sua squadra in Coppa Italia. “Se la serenità è accompagnata da concentrazione e determinazione è un fattore importante – ha proseguito parlando ai microfoni di Inter Channel alla vigilia dell´ottavo di finale con il Bologna – Giocare in casa ci può dare dei vantaggi, ma dovremo dimostrarlo con una prestazione all´altezza”.

L´Inter si presenta all´appuntamento di coppa forte delle cinque vittorie consecutive. “Vincere aiuta a vincere, dobbiamo continuare a farlo – ha evidenziato Pioli – Terrò presente chi sta lavorando bene durante la settimana, la partita è importante ma dovrò valutare bene dopo l´allenamento di rifinitura chi sarà nelle condizioni migliori”. L´allenatore nerazzurro ritroverà la sua ex squadra. “Per me oggi è importante pensare all´Inter, siamo in crescita ma dobbiamo continuare così – ha concluso – Il campionato? Dobbiamo continuare a vincere per provare ad accorciare la distanza che ci separa delle prime tre o quattro, di più non possiamo fare”.

Fonte: lapresse.it

“La Juventus è la squadra da battere, però mi sembra che dietro ci siano squadre che piano piano la prenderanno perché è lo sport, il calcio. Chi sta davanti fa da punto di riferimento e le altre arriveranno”. Claudio Ranieri, tecnico del Leicester campione d´Inghilterra in carica, dice la sua sul campionato di A a margine della cerimonia della “Hall of fame” della Figc oggi a Palazzo Vecchio a Firenze. “La società bianconera è strutturata in maniera importante, è bella, quadrata – ha aggiunto il tecnico -: ognuno è al suo posto, sanno quello che devono fare, programmano il futuro, per cui credo sia importante vedere anche come loro lavorano, non solo la squadra in campo”.

FORZA CONTE — Ranieri in Premier League tifa per un altro italiano, Antonio Conte: “Non so se il Chelsea succederà al mio Leicester. Auguro ad Antonio tutto il bene, è arrivato senza i grandi clamori del pronostico però adesso sta facendo vedere che la scuola italiana è importante, gli auguro di cuore di vincere la Premier. Noi del Leicester sapevamo che quello passato è stato un anno incredibile, riconosciuto in tutto il mondo, il Chelsea sta facendo un buonissimo campionato, dietro ci sono delle grandi potenze e mi auguro da tifoso italiano e del Chelsea, perché sono stato loro allenatore per quattro anni, che possa raggiungere l´obiettivo. Allegri in Premier? La stampa spinge molto per questa soluzione, appena c´è una mezza partita ci sono queste voci. L´Italia è apprezzata da tutti, mi auguro che venga in Inghilterra. Tanti anni fa nessuno andava all´estero, poi hanno iniziato Trapattoni e Capello, io sono stato il terzo. Noi italiani possiamo diventare cittadini europei e ora che ci si è allargati in Cina, possiamo diventare cittadini mondiali”.

OBIETTIVO SALVEZZA — “Un mio ritorno in Italia? Mi auguro di poter restare là – ha proseguito l´ex allenatore di Roma, Napoli e Juve -. Sappiamo come va il calcio, oggi sei portato in trionfo, domani sei buttato nella polvere. Mai dire mai e mi godo il momento, anche difficile, augurandomi di poterci salvare perché questo è il nostro scudetto. Quello che è successo l´anno scorso lo dobbiamo cancellare e dobbiamo lottare per salvarci. In Champions League nessuno vuole incontrare le italiane perché sanno tutti quanto siamo bravi tatticamente. A noi è toccato il Siviglia, non è una squadra facile perché negli ultimi tre anni ha vinto l´Europa League. Il mio presidente mi ha detto: «Non mi importa nulla della Champions e della FA Cup, salviamoci». E noi siamo programmati per salvarci”.

LA CAVALCATA — Ranieri è poi tornato sul successo del campionato inglese la scorsa stagione con il Leicester. “Vincere la Premier League è stato un grande orgoglio anche perché, dopo l´avventura con la Grecia, per parte della stampa ero uno bollito, finito. Un grande grazie va dato ai giocatori, io mi sono sentito rappresentato dalla mia squadra. Siamo stati bravi ad invertire la tendenza iniziale di prendere sempre gol, a vincere le partite senza subirne e poi è subentrata la fiducia nelle nostre capacità ed è cresciuta la voglia di stare insieme. Il primo obiettivo era fare 40 punti, poi a Natale eravamo primi in classifica. Per togliere pressione alla squadra ho fissato prima l´obiettivo di arrivare in Europa, poi di arrivare in Champions e quando potevamo vincere, eravamo a così poche giornate dalla fine, che non c´era più pressione. Un grazie va dato al presidente del Leicester, una persona con una energia positiva che ha trasmesso a tutto il gruppo ma anche alla mia famiglia che mi supporta da 30 anni. È stato un orgoglio aver rappresentato l´Italia al Leicester”.

Fonte: gazzetta.it

Pubblicato da Alessandro Lugli

Alessandro Lugli è nato a Napoli e ivi residente. Poeta, giornalista pubblicista e cantante. Direttore di vari blog da lui creati.