LA PARTITA
Giampiero Ventura propone un 3-5-2 in realtà più simile a un 3-4-1-2 pieno di novità, a cominciare dalla porta dove fa il suo esordio Gigio Donnarumma, il più giovane portiere dell´Italia a partire tra i titolari. In difesa Bonucci fa da “chioccia” alla coppia del futuro Rugani-Romagnoli mentre a Verratti viene concessa la licenza del trequartista dietro la coppia d´attacco Eder-Immobile. Dopo aver eguagliato Paolo Rossi per numero di gol segnati in azzurro, Daniele De Rossi, che gioca da capitano, raggiunge un altro mito azzurro (Dino Zoff) in quanto a presenze: 112. Una giovane Italia con un paio di “senatori” alla prova di un´Olanda in piena crisi, tecnica e di risultati: dopo la mancata partecipazione agli Europei francesi, gli Orange rischiano seriamente, a meno di miracoli, di dover saltare anche i Mondiali del 2018. In attesa che la Federazione scelga il nuovo ct, il traghettatore Grim si affida a un classico 4-3-3 dove le speranze risiedono principalmente nell´attaccante Depay, preferito a Dost, e nell´esperienza di Strootman in mezzo al campo. Panchina per Sneijder, tribuna per Robben.
E´ un inizio di gara subito scoppiettante con Lens prima di testa poi Eder con un sinistro da fuori a cercare di lasciare il segno. Segno che lascia, invece, dopo 10 minuti Romagnoli, autore di una sfortunata deviazione su un pallone schizzato in area e colpito dal difensore che manda alle spalle di un incolpevole Donnarumma. Ma la reazione azzurra è immediata, neanche il tempo di aggiornare il risultato: un minuto dopo Eder pareggia sfruttando una respinta corta di Hoedt e calciando di precisione un rasoterra su cui Zoet non arriva. A dispetto delle reti rapide, i ritmi non sono altissimi: gli olandesi sono volenterosi e ci provano con rabbia e foga ma l´Italia è ordinata e non concede molti sbocchi. Da calcio d´angolo Indi colpisce prima la spalla di Romagnoli poi la traversa. Verratti si segnala più per il lavoro di interdizione che di costruzione e alla fine le azioni più pericolose degli azzurri arrivano dal contropiede: uno di questi, concluso da un tiro di Zappacosta deviato in angolo, produce la giusta soluzione. Al 32´, infatti, sugli sviluppi del corner successivo, il colpo di testa di Parolo viene respinto da Zoet ma Bonucci da due passi è lesto a ribattere a rete per il vantaggio dell´Italia. Gli olandesi si passano molto la palla ma non spiccano per lucidità: al contrario, sono tanti gli errori individuali che un´Italia pur non impeccabile gestisce e chiude con relativa facilità. Il finale del primo tempo si farà ricordare per il debutto in Nazionale di Roberto Gagliardini, subentrato al 37´ a De Rossi, colpito duro da una ginocchiata alla schiena e uscito visibilmente dolorante.
La ripresa è di marca olandese: la squadra di casa mette in affanno l´Italia con attacchi frontali. La Nazionale di Ventura si allunga con l´attacco che si alza e la difesa che resta bassa. L´Olanda alza il baricentro e il centrocampo italiano di fatto sparisce con gli azzurri che faticano a ripartire, difendono con ordine ma senza pressare troppo. Delude soprattutto Verratti, che corre molto a vuoto e raramente disegna il calcio che tutti sappiamo. Nella ripresa è Donnarumma a distinguersi ed esaltarsi: il debuttante 18enne prima salva su Promes dopo una brutta palla persa da Bonucci poi si ripete sull´attaccante che calcia una punizione insidiosa. Ma la vera sfida, da buon rossonero, la accende con un ex interista: Sneijder entra nel finale ma in pochi minuti scaglia un paio di conclusioni velenose che il portiere azzurro devia salvando il risultato. Oltre a Gigio si segnala Belotti, che sostituisce uno spento Immobile e pur in una squadra in evidente difficoltà si distingue con conclusioni e tentativi di attaccare lo spazio. Brivido finale quando in pieno recupero un destro da fuori di Vilenha viene deviato da Bonucci con la palla che finisce a pochi centimetri dal palo di un Donnarumma spiazzato.
L´Italia porta a casa una vittoria figlia della capacità di sfruttare gli errori di un avversario generoso ma in evidente crisi. Rimandato l´esperimento di Verratti trequartista, autore di una prova opaca, così come tutto il centrocampo azzurro. Più che positivo Donnarumma, autore di parate decisive.
Fonte: sportmediaset.mediaset.it
TORNARE – “Mio papà è stato capitano del Milan, io sono nato a Milano e i miei figli hanno giocato nelle giovanili del Milan. Amo il Milan e se un giorno avrò la possibilità di tornare, ne sarei felice. Ma non è facile, perché sono stato visto come un problema. Non ho bisogno di lavorare per il Milan, ma mi piacerebbe farlo. Questa mia posizione di indipendenza è difficile da interpretare ed è complicato. Ma vedremo”.
DONNARUMMA – “Ha un grande talento. Sapevamo che aveva qualcosa di unico fin da quando è arrivato nelle giovanili del Milan. Solo chi non capisce di calcio non ha riconosciuto le doti di Gigio. Dopo Buffon, che ha fatto il suo debutto in Serie A contro il Milan, ho visto le stesse doti e qualità in Donnarumma. Pur essendo molto grande, è molto veloce ed è un grande ragazzo. Adesso si parla tanto di lui e devi essere un bravo ragazzo per isolarti dalle voci e pensare a fare bene in campo”.
Fonte: corrieredellosport.it
DRAMMA SENZA LEO — Ma fare nove punti vuol dire vincerne tre su quattro. Senza Messi, a giudicare dai numeri, è un´impresa al limite dell´impossibile. Già, perché il dato ha dell´impressionate: con Leo l´Argentina ha ottenuto l´83 per cento dei punti a disposizione; senza, siamo fermi al 29%. Per la precisione sono 7 punti su 24, fra la gestione Martino e quella Bauza: ha vinto una sola volta, con la Colombia, ne ha pareggiate 4 e perse 3. Con il numero 10 ha perso solo con il Brasile, vincendo le altre 5 gare (2 col Cile, una con Bolivia, Uruguay e Colombia).
“GANAR COMO SEA” — Sono numeri così clamorosi da non poter rappresentare una “coincidenza”, sono numeri tanto clamorosi da non essere giustificati nemmeno dall´assenza del miglior giocatore al mondo, tanto più in una rosa che ha, almeno da metà campo in su, una serie di risorse quasi infinite. Però l´impressione è che senza Messi si spenga la luce, si perda consapevolezza e ci si scontri con l´assenza totale di gioco, a cui le invenzioni di Leo – quando c´è – sopperiscono. La filosofia dell´Argentina di questi tempi è riassunta dalla stampa locale in”ganar como sea”, (basta vincere, non importa come). L´assenza di un progetto tecnico è imputabile al c.t., ma si inserisce in un panorama di un calcio in profonda crisi, dai campionati locali al settore dirigenziale.
BAUZA E ICARDI — Bauza al momento è in discussione, ma una decisione non verrà presa immediatamente. Oggi finalmente la Federazione, la Afa, avrà un presidente, Claudio Tapia, vacante dal dicembre 2015. La questione c.t. verrà da lui analizzata in seguito, anche se prendere un nuovo tecnico sarebbe un problema economico. La Afa deve ancora pagare Tata Martino, è piena di debiti e continua ad essere divisa in correnti (ha vinto quella del Boca e dell´Independiente. Le scelte del Patòn comunque non convincono: l´ostracismo verso Icardi fa clamore specialmente visto dall´Europa, ieri la panchina di Dybala è stata forse dettata da condizioni fisiche non perfette, ma la “testardaggine” del c.t. inizia a preoccupare anche in patria. Anche senza Messi, peraltro scaricato da Maradona (“Gli insulti li abbiamo visti tutti, anche Ibra ha pagato con la prova tv”) ci sono i giocatori per risalire. Il Brasile qualche mese fa sembrava messo peggio, oggi domina il continente.
Fonte: gazzetta.it
Per i verde oro invece, dominio, reti in serie, quella sensazione di grandezza che non esercitava sugli avversari da tempo. Almeno dalla Nazionale di Felpe Scolari che vinceva i Mondiali nippocoreani 15 anni fa, con i gol di Ronaldo e le magie di Ronaldinho. Ultima volta dei Pentacampeao sul gradino più alto del podio. In questo momento, a poco più di un anno dall´avvio dei Mondiali, è la Nazionale più forte al mondo. Anche più della Germania che poco meno di tre anni stampava sette reti nella memoria dello stesso Neymar e del popolo brasiliano. E non solo per i 30 punti nel girone sudamericano che porta le prime quattro in Russia, con la quinta destinati ai playoff, con otto successi consecutivi.
E´ proprio cambiata la musica. Dalla triste pagode dei Mondiali casalinghi alla samba che si ascolta per strada al Carnevale di Rio. Ma questa è una squadra diversa sia quella di Scolari ai Mondiali 2002, sia da quella parimenti vincente del 1994, che batteva l´Italia di Sacchi negli States. Per riscrivere la sceneggiatura, Tito il Normalizzatore ha puntato su un gruppo di 14-15 calciatori. Escluso Thiago Silva, leader difensivi Miranda e Marquinhos, una struttura solida davanti alla difesa, due o tre centrocampisti ma di sostanza, gente come Renato Augusto, Fernandinho, che ricordano la cerniera Mauro Silva – Dunga dei Mondiali del ´94. E un gruppetto di talentuosi, da Coutinho a Willian, intorno a Neymar. L´asso di briscola, il campione che cambia le partite. Oltre 300 gol, a 25 anni. Altra rete sontuosa con il Paraguay, in precedenza toccava agli uruguaiani a casa loro osservare il funambolo del Barça che consumava il campo con pallonetto da fuori aria, rete che portava il Brasile avanti, verso il successo. Lo stesso Coutinho, anche lui in crescita esponenziale con gli occhi del Barcellona addosso, spiegava giorni fa che Neymar ora è tra i primi tre al mondo, che meriterebbe il Pallone d´Oro. Leader ora silenzioso, meno tocchi per se stesso, decisivo per la squadra.
Insomma, per i brasiliani in questi mesi ci sarà da affinare il gruppo, contare sulle alternative adatte per giocarsi il sesto mondiale da piazzare in vetrina, mentre Messi con l´Argentina dovrà ancora conquistare il pass per Mosca. Soprattutto, inserire nel motore Gabriel Jesus, la punta che ha fatto innamorare Guardiola al City. Altro potenziale fenomeno, se ingrana, dolori per tutti. Anche per l´Italia di Ventura,
che è legata ai destini brasiliani. Lo dicono le statistiche (che gli azzurri cercheranno di rivedere): Italia e Brasile si incontrano in finale ogni 24 anni, a distanza di sei edizioni dei Mondiali. E vincono sempre loro. Nel 1970, con la squadra più forte di sempre, almeno a livello di nazionali, 4-1 per Pelè e compagni. Poi nel catino di Pasadena, 1994, i Mondiali del soccer americano, i rigori sbagliati da Baggio e Baresi, il trofeo della consacrazione di Romario.
Fonte: sport.repubblica.it
Fonte: tuttosport.com