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Il filo, azzurro, che lega Sarri alla gente di Napoli non si è spezzato quest’estate con il passaggio al Chelsea. Tant’è che le dichiarazioni del tecnico («Non vorrei incontrare il Napoli in Europa League») hanno rinverdito l’empatia con il «Comandante». Il coro dei tifosi vip è unanime. O quasi. «Maurizio ha confessato un’emozione condivisibile esordisce Sal da Vinci, direttamente dal teatro dove sta provando «Sinfonie in Sal Maggiore» – Perché se lui non vuole giocare contro il Napoli, per noi sarebbe l’ultimo avversario che vorremmo incontrare. È ancora forte il ricordo della sua esperienza, ha fatto divertire noi tifosi con il suo gioco proverbiale, facendo crescere molti talenti. Gli auguro il meglio con il Chelsea anche in Europa League, ma poi guardo alla mia squadra del cuore, sono napoletano, legato per sempre alla mia maglia azzurra». Di rimando l’attore Gino Rivieccio, che ha peraltro imitato alla perfezione Sarri. «Non mi sorprendono le sue parole, perché c’era un legame speciale tra lui e noi. Di certo ci ha dato tanto, ma Napoli gli ha dato di più, consentendogli di affermarsi a livello internazionale. Ha ragione a non volerci affrontare se non in finale, anche per i nostalgici sarriani sarebbe un colpo al cuore. Per me sarebbe meglio evitare il Chelsea almeno sino all’ultimo atto di Europa League. Sarebbe però un bellissimo epilogo: se accadesse auspicherei un abbraccio anche tra lui e De Laurentiis…».

 

Zielinski è diventato l’uomo chiave del Napoli di Ancelotti. A Zurigo la sua migliore partita della stagione, imprendibile per gli avversari, non ha dato punti di riferimento sancendo la sua prova brillante con un gol straordinario. Dopo la partenza di Hamsik è lui l’elemento di maggiore spessore a centrocampo, sia in termini di esperienza che di qualità tecnico-tattiche. Un trascinatore, un punto di riferimento per i compagni, nel pieno della maturazione professionale, destinato a tutti gli effetti a diventare il leader della squadra.

 

Ancelotti ha sottolineato il suo salto di qualità nel match di Europa League. «Ha concretizzato tutto quello che di buono sta facendo in questo momento», le parole del tecnico nel dopo partita di Zurigo. Il riferimento non è soltanto al gol ma alla prestazione: ora il polacco sta imparando ad essere essenziale e a fare sempre la cosa giusta, evitando il tocco in più o la giocata fine a se stessa. Superato il momento di appannamento, coinciso con la fase più brillante di Fabian Ruiz, adesso è lui che sta giocando al di sopra della media mentre lo spagnolo sta attraversando una fase calante in termini di rendimento.

 

 

La sfida contro il Frosinone diventa una sgambata in vista dell’Atletico Madrid, Allegri fa le prove generali della Champions schierando quasi tutti i titolari (tranne Pjanic e Matuidi) e dopo 20 minuti la partita è già chiusa. La Juve allunga ancora a +14 aspettando Napoli – Torino, ritrova Paulo Dybala (non segnava in campionato dal 3 novembre scorso), ma soprattutto quel muro difensivo venuto a mancare nelle ultime uscite contro Parma, Atalanta e Lazio; Bonucci e Chiellini sono tornati e puntano Morata e Griezmann. Del Frosinone si salva soltanto Ciano, l’ultimo ad arrendersi con due punizioni velenose nel primo tempo, ma quando la Juve è in serata c’è poco da fare. Dopo 6 minuti capolavoro balistico di Dybala – sembra di rivedere Pirlo – con un mancino da fuori all’incrocio, poi la chiude Bonucci, reattivo a fiondarsi su una respinta corta di Sportiello su colpo di testa di Mandzukic, anticipando anche Khedira. Due a zero senza troppa fatica e senza nemmeno alzare troppo i giri, l’unico che non ci sta è Ronaldo alla ricerca del gol in tutti i modi, accontentato nella ripresa: Mandzukic gli recapito un pallone d’oro sul destro, bordata al volo che fredda Sportiello (e ancora “Siuu Mask” dedicata a Dybala), la Juve può pensare all’Atletico. Allegri non smette di sgolarsi da bordocampo nonostante il vantaggio più che rassicurante ma evita fatiche inutili a Ronaldo e Chiellini, sostituiti, Cancelo nel finale rischia l’espulsione ma se la cava con un giallo, la Juve è pronta a giocarsi gli ottavi di Champions con un Dybala ritrovato e una difesa tornata bunker: zero gol concessi nelle ultime due partite.

 

La vittoria a Zurigo e soprattutto i tre gol segnati agli svizzeri hanno rinfrancato Ancelotti e risollevato il morale della squadra. Da molto tempo il Napoli non faceva registrare una prestazione così convincente a livello offensivo. Certo un contributo notevole alla buona riuscita del blitz in Svizzera è venuto dalla stessa squadra di Magnin, rivelatasi non all’altezza dell’avversario. Ma in certi casi quel che conta è il risultato e il Napoli in questo senso aveva davvero bisogno di una boccata d’ossigeno.

 

Ora gli azzurri sono attesi da un altro impegno significativo. Domenica sera al San Paolo scenderà in campo il Torino e i partenopei vogliono tentare di rimanere in gioco anche in campionato quanto più a lungo è possibile. Ancelotti, però, dovrà fare ora i conti con un organico non all’altezza della situazione e questo è un problema non da poco. Le cessioni di Rog e Hamsik, gli infortuni di Albiol, Younes, Verdi e Mario Rui non gli danno in questa fase della stagione la possibilità di effettuare quel salutare turnover che aveva caratterizzato la prima parte del campionato e gli impegni in Champions League. Con il Torino, dunque, l’allenatore sarà costretto a riproporre, per grandi linee, lo schieramento che si è visto a Zurigo. Da valutare le condizioni di Mertens che ieri sera non è andato neppure in panchina.

 

Oggi è stato il giorno dell’addio definitivo a Marek Hamsik, partito per la Cina dove comincerà una nuova avventura professionale e umana. Il calciatore, appena sarà possibile tornerà a Napoli per giocare una gara di saluto ai tifosi per i quali è stato un vero e proprio idolo per quasi 12 anni. «A Napoli – ha detto Hamsik parlando ai microfoni di Radio Kiss Kiss – lascio il cuore, amici, famiglia. Non sarà mai un addio ma un arrivederci. Tornerò sempre volentieri. L’unico rimpianto è non aver vinto lo scudetto. Eravamo vicinissimi al trionfo lo scorso anno e ci tenevo a vincerlo per i tifosi. Non ci siamo riusciti, purtroppo, per la forza della Juventus».

 

«Non vedo l’ora di iniziare questa avventura – ha concluso lo slovacco -. Per me sarà tutto nuovo: la cultura, la gente, il cibo. C’è tanta curiosità da parte mia». Infine una promessa ai tifosi partenopei: «Mi organizzerò con il Napoli anche perché non vedo l’ora di tornare al San Paolo per abbracciare i tifosi. Voglio solo ringraziare De Laurentiis che mi ha dato il via libera per partire senza dimenticare Ancelotti e Giuntoli. Ringrazio tutti». «Per scrivere la lettera di saluto – ha concluso – c’ho messo 2-3 giorni. Lì dentro c’è tutto quello che sentivo. Posso solo ringraziare i tifosi, mi hanno trattato come uno di famiglia. Avrò Napoli sempre nel cuore».

 

Ci crede anche lui, ormai. La sua Atalanta è lì e domani si gioca un pezzo di Champions. C’è il Milan, una sorta di spareggio per il quarto posto. La sfida tra Gasperini e Gattuso, l’antipasto di una giornata fondamentale. Il tecnico dell’Atalanta ci crede, «Il Milan è un esame di quelli tosti, anche se non decisivo perché mancano tante sfide alla fine, ma ci arriviamo preparati». Ne abbiamo appena affrontati due bene con Cagliari e Spal – prosegue il tecnico nerazzurro -. Non è ancora una partita decisiva, ma è importante: i rossoneri sono quarti e sono tra le squadre più in forma, una delle migliori espressioni del calcio italiano». Gasperini rivolge un elogio al collega: «Gattuso li ha resi una squadra importante, è stato bravissimo a dare la svolta imprimendo il suo carattere dopo momenti un pò altalenanti. Ha un gruppo solido e le scelte sul mercato invernale lo stanno ripagando».

Fonte: Il Mattino.it

 

I carabinieri della compagnia di Casoria, su richiesta della Dda di Napoli, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per sette soggetti ritenuti appartenenti al clan camorristico Moccia, attivo ad Afragola e con tentacoli anche a Casoria e Arzano, hinterland a nord di Napoli.

 

Il provvedimento è stato emesso dopo la sentenza di primo grado che ha colpito i sette con pesanti condanne per estorsione, esercizio abusivo di attività finanziaria, riciclaggio e reimpiego di beni. I destinatari della misura sono: Raffaele Bencivenga, 53 anni (condannato ad 14 anni di reclusione), Giustino De Rosa, 49 anni (11 anni e 6 mesi), Pietro Iodice, 53 anni (18 anni e 6 mesi), Antonio Pezzella, 36 anni (9 anni e 6 mesi), Gennaro Piscitelli, 38 anni (13 anni e 6 mesi), Antonio Puzio, 35 anni (13 anni e 6 mesi) e Giuseppe Puzio, 49 anni (13 anni).

 

Nello sviluppo del dibattimento si sono man mano delineati i loro ruoli all’interno del clan: Iodice è ritenuto il promotore e organizzatore delle estorsioni a titolari di imprese ed esercizi commerciali per conto del gruppo. Bencivenga, il gestore di un garage trasformato in base operativa, è stato inquadrato come promotore, organizzatore e direttore delle attività illecite e assieme al fratello si occupava anche della contabilità del clan, compreso il sostegno economico agli associati, sia liberi che detenuti nonché del pagamento dei difensori.

 

Gli altri arrestati partecipavano alle varie attività criminali e, in particolare, alle estorsioni ai danni di titolari di esercizi commerciali e imprese della zona.

 

Un incendio è divampato la notte scorsa nella baraccopoli di San Ferdinando ed ha provocato una vittima. Le fiamme sono state spente dai vigili del fuoco che hanno allestito una postazione fissa sul posto.

 

La vittima, secondo le prime notizie raccolte dagli investigatori, si chiamerebbe Aldo (il nome italiano che si era dato) Diallo, senegalese, di circa 35 anni. L’identificazione non è ancora ufficiale, visto che nel rogo sono andati distrutti anche i suoi documenti, ma il nome emerge dai racconti degli altri migranti che vivono nella tendopoli.

 

Una quindicina le baracchie distrutte nell’incendio. Sono in corso le indagini per accertare la dinamica di quello che è avvenuto. I quindici migranti rimasti senza un tetto sono stati ricoverati presso la nuova tendopoli gestita dal Comune di San Ferdinando, e grazie all’intervento immediato dei vigili del fuoco, il cui presidio è all’esterno del campo, e delle forze dell’ordine, è stato possibile contenere ulteriori, gravi effetti.

 

C’è tensione tra i migranti che vivono nella baraccopoli. Da tempo chiedono soluzioni abitative alternative che superino l’emergenza della baraccopoli. Nel campo, stamani, c’è chi è pronto a dare vita ad un corteo di protesta fino a San Ferdinando. Al momento comunque, non si sono registrati problemi. Intanto il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, ha immediatamente convocato alle 6 di questa mattina una riunione di Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, presso la sede del Comune di San Ferdinando. Nel corso dell’incontro è stato messo a punto un piano per trasferire i migranti in una migliore situazione alloggiativa. Dopo le procedure di identificazione e la verifica dei requisiti di legge (permesso di soggiorno), quelli che lo vorranno saranno trasferiti nei centri Sprar o Cas della provincia di Reggio Calabria. Nel corso del vertice il Prefetto ha richiamato «l’importanza di attuare politiche attive di integrazione ed inclusione nel tessuto socio economico della Piana di Gioia Tauro – si legge in una nota – attraverso forme di accoglienza diffusa, anche ai sensi dell’art. 40 del Testo unico sull’immigrazione, così come convenuto nelle riunioni che si sono susseguite in Prefettura. In quelle occasioni, anche la Regione Calabria ha manifestato la disponibilità a contribuire alla soluzione del problema con strumenti che incentivino le locazioni, come la creazione di un apposito Fondo di garanzia per i proprietari che concedono un immobile in locazione, nonché l’investimento di risorse finanziarie per l’eventuale ristrutturazione di beni confiscati o del patrimonio pubblico». Al vertice erano presenti il Questore Raffaele Grassi, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, Flavio Urbani, il vice comandante dell’Arma dei carabinieri, Stefano Romano, il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, il rappresentante di vigili del fuoco, Carmelo Triolo.

 

I PRECEDENTI

Con l’uomo morto la notte scorsa, salgono a tre le vittime di incendi nella baraccopoli di San Ferdinando registrate in un anno.

Il 27 gennaio 2018 perse la vita una 26enne nigeriana, Becky Moses. In quel caso l’incendio fu doloso. Pochi mesi dopo la polizia ha fermato una donna ritenuta la mandante del rogo, fatto appiccare per gelosia.

Il 2 dicembre 2018, morì Surawa Jaith, del Gambia, che avrebbe compiuto 18 anni pochi giorni dopo.

In precedenza, nella baraccopoli dove nel periodo invernale vivono anche migliaia di migranti impegnati nei lavori di raccolta degli agrumi nei campi della piana di Gioia Tauro, si erano verificati altri incendi che non avevano causate vittime solo per puro caso.

 

Sabrina Ferilli e l’incubo dello stalker che la perseguita da 5 anni. L’attrice romana ne ha parlato al Corriere della Sera: “Mi segue ovunque, ormai lo trovo sotto casa, mi perseguita con lettere e regali”, ha raccontato.

 

Il Corriere parla di un sessantenne che (non si sa ancora come) è riuscito ad avere informazioni, anche molto riservate, sulla vita privata dell’attrice. Da lì è cominciata la persecuzione assillante, fino alla decisione (circa un mese fa) di rivolgersi ai giudici. Tra l’altro proprio in questo periodo la Ferilli sta girando una fiction in cui interpreta un pubblico ministero che si occupa di baby squillo: è stato proprio in occasione di questo lavoro che l’attrice è entrata in contatto con il giudice Maria Monteleone, al quale ha raccontato tutta la propria odissea.

L’uomo era diventato una presenza costante in tutte le occasioni pubbliche: dalle presentazioni dei film, agli eventi mondani, alle partecipazioni alle trasmissioni televisive. Non solo, perché col passare del tempo l’uomo era diventato particolarmente ossessivo.

Sono così scattati gli accertamenti, l’uomo è stato identificato e tre giorni fa l’attrice è stata convocata a palazzo di giustizia per il riconoscimento formale, ma anche per fornire ulteriori dettagli su quanto accaduto. “Inizialmente – ha chiarito – non avevo dato peso alla vicenda, ma adesso avverto questa presenza come una minaccia perché mi sento continuamente sotto osservazione e ho paura che questa storia possa ulteriormente degenerare”.

 

Ha accettato una trasfusione di sangue per un intervento chirurgico in cui rischiava la vita. Per questo motivo Grazia Di Nicola, 48 anni, è stata cacciata dai testimoni di Geova. Non solo ha perso il suo credo religioso, ma anche le sue figlie di 30, 25 e 21 anni che l’hanno abbandonata rimanendo fedeli alle regole della setta. La donna di Colliano, in provincia di Salerno, non ha loro notizie da tre settimane e ora chiede aiuto e lancia un appello affinché le ragazze tornino a casa.

 

Tutto è cominciato tre anni fa quando la donna, testimone di Geova, dovette sottoporsi ad un intervento chirurgico. Fedele alle regole imposte dal suo credo, aveva rifiutato le trasfusioni di sangue ma il complicarsi del suo quadro clinico spinsero i dottori a fare pressione su di lei affinché cambiasse idea dal momento che rischiava di perdere la vita. Dopo un travaglio interiore, Grazia accettò di seguire le indicazione che le venivano dai medici ma da quel momento tutta la sua vita cambiò.

Il primo trauma fu l’espulsione dai Testimoni di Geova, poi l’allontanamento delle tre figlie, anche loro testimoni di Geova. Accusandola di essere una peccatrice, le tre ragazze troncarono il rapporto con la famiglia e abbandonarono la casa dei genitori, ospitate da altri testimoni di Geova nella stessa Colliano. Tre settimane fa l’ultimo choc, le tre figlie hanno lasciato Colliano e ora la famiglia non sa dove siano.

La donna ora ha lanciato loro un appello: “Papà, il vostro fratellino e io vogliamo solo essere sicuri che stiate bene. Rispettiamo le vostre decisioni in campo religioso, questo è fuori discussione. Ma voi rendetevi conto del nostro dolore, voi sapete il bene che vi vogliamo, chiamateci”.

La madre sfoglia l’album di famiglia con le foto delle sue ragazze da piccole, si ferma sull’immagine di loro tre sorridenti attorno all’ultimo nato in ospedale, e non riesce a darsi pace: “Io ho vissuto il terremoto dell’Ottanta, se quella tragedia si ripetesse oggi, se ci fosse una scossa proprio in questo momento, io non saprei in quale casa sono le mie figlie. Questo non riesco ad accettarlo. È già accaduto in passato un incidente e noi siamo rimasti all’oscuro di quello che era successo, scoprendolo solo molto dopo. Non è normale per un genitore che ha cresciuto con sacrifici i propri figli non sapere dove si trovino, non so che cosa fare, spero che riescano a capire quanto stiamo soffrendo per loro e si facciano vive”.

Fonti : Il Mattino.it e Blitzquotidiano.it

Pubblicato da Alessandro Lugli

Alessandro Lugli è nato a Napoli e ivi residente. Poeta, giornalista pubblicista e cantante. Direttore di vari blog da lui creati.