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L´acquisto di Berenguer toglierebbe definitivamente spazio a Giaccherini, visto che è destinato a ricoprire il ruolo di vice Callejon. Ecco perché l´ex pupillo di Conte nella Juventus e nell´Italia può andare via e su di lui è destinato a muoversi nuovamente il Torino che lo aveva praticamente in pugno l´estate scorsa, prima dell´inserimento decisivo nella trattativa del Napoli. In uscita anche Pavoletti, il centravanti acquistato a gennaio dal Genoa dopo l´infortunio al ginocchio di Milik: l´esplosione di Mertens da centravanti e il ritorno del polacco di fatto tolgono totalmente spazio all´ex centravanti del Genoa che andrà via.

Fonte: sport.ilmattino.it

 

 

E´ il Cile la prima finalista della Confederations Cup. Eliminato un Portogallo disastroso dal dischetto, dopo che i 120´ regolamentari si erano chiusi sullo 0-0. Partita che ha offerto solo qualche sprazzo di livello e non passerà certo alla storia del calcio. I momenti più importanti in testa e in coda, con André Silva che ha sciupato un facile vantaggio dopo 7´, vanificando l´assist di Ronaldo. Non brillante la prova del neo-milanista, sostituito nella ripresa. Il Cile è venuto fuori alla distanza, fino alla clamorosa doppia occasione del finale, col doppio legno Vidal-Rodriguez. Eroe dei tiri dal dischetto Claudio Bravo, che ha parato tutti e tre i tiri dei portoghesi, di Quaresma, Moutinho e Nani. Per il Cile a segno un ottimo Vidal, Aranguiz e Sanchez. Da segnalare anche un altro pasticcio legato alla Var: nel secondo supplementare l´arbitro Faghani non vede il fallo netto di Fonte su Francisco Silva. Ma l´errore è imputabile soprattutto agli ufficiali davanti al video: avrebbero dovuto avvisare l´arbitro dell´errore e comunicargli il calcio di rigore. Ma evidentemente gli arbitri posti alla Var hanno giudicato il contatto tra i due giocatori non così chiaro (condizione fondamentale per poter cambiare il provvedimento preso dall´arbitro) e quindi è rimasto valido il non fischio di Faghani. Domani sera l´altra semifinale tra Germania e Messico.

LA PARTITA MINUTO PER MINUTO —
RIGORI
Nani per il Portogallo: altro errore!
Va Alexis Sanchez: ancora un gol
E´ il turno di Moutinho: para ancora Bravo!
Tocca ad Aranguiz: gol.
Per il Portogallo Quaresma: para Bravo!
Primo tiro di Vidal: gol.
119´ — Clamorosa occasione per il Cile: tiro di Vidal sul palo, sulla respinta Rodriguez trova la traversa. La migliore occasione della partita.
116´ — Gelson rimpiazza Andre Gomes.
112´ — Nessuna emozione in questo finale: Francisco Silva rileva Hernandez nel Cile.
105´ — Termina il primo tempo supplementare.
102´ — Ritmi bassi e terzo cambio per il Portogallo: Moutinho per Adrien Silva.
95´ — Clamorosa occasione per il Cile: Isla crossa per Sanchez, fuori di pochissimo il colpo di testa dell´ex Udinese
93´ — Tempi regolamentari chiusi sullo 0-0. Ora i supplementari.
90´ — Tre minuti di recupero.
86´ — Cambio Cile: entra Rodriguez per Edu Vargas.
83´ — Altro cambio per il Portogallo: c´è Quaresma al posto di Bernardo Silva.
76´ — Finisce la partita, non memorabile, di André Silva. Al suo posto Nani.
72´ — Ancora Ronaldo al tiro: deviato il suo destro.
66´ — Alta la punizione dal limite di Ronaldo.
63´ — Fase brillante della partita: tiro alto sopra la traversa di Vidal.
59´ — Subito la risposta di Ronaldo, Bravo è attento.
58´ — Bella girata di Vargas, bravo Rui Patricio.
55´ — Beausejour crossa per Vidal, fuori il colpo di testa dell´ex Juve.
51´ — Ammonito anche William Carvalho.
47´ — Partita ricominciata, su ritmi non altissimi.
45´ — Si chiude sullo 0-0 il primo tempo, molto più brillante nella prima parte.
42 — Ammonizione per André Silva.
30´ — Ancora Aranguiz, che stavolta spreca col destro.
27´ — Anticipo di testa di Aranguiz, ma palla lontana dallo specchio.
20´ — Dopo una partenza scoppiettante, fase di stanca della partita.
7´ — Che errore di André Silva! Assist di CR7 ma il neomilanista da due passi calcia addosso al portiere.
5´ — Gran palla di Sanchez per Edu Vargas, che calcia addosso a Rui Patricio.
3´ — Sinistro di Andre Gomes, non un granché.
1´ — La partita è iniziata

Fonte: gazzetta.it

 

 

«Io non ho mai conosciuto Genny ´a Carogna”». Lo ha detto il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, davanti alla Commissione parlamentare antimafia. La presidente Rosy Bindi ha chiesto al numero uno del club partenopeo una ricostruzione di quanto accaduto allo stadio Olimpico prima di Napoli-Fiorentina, finale di Coppa Italia del 2014. Ha ricordato De Laurentiis: «Allo stadio trapelava la notizia della morte di Ciro Esposito e la curva del Napoli era in subbuglio. C´era grande agitazione, i tifosi volevano fare invasione di campo. Ero in tribuna e a un certo punto sono andato dall´allora prefetto Pecoraro per invitarlo a fare una comunicazione e dire che il ragazzo non era morto. A quel punto la questura di Roma accompagnò il nostro capitano Marek Hamsik sotto la curva per cercare di spiegare lo stato delle cose a questi signori».

LEGGE STADI – Ha aggiunto De Laurentiis: «Dall´81 esiste una legge, la 91, che non è mai stata aggiornata, io la abolirei. Noi siamo ostaggio negli stadi, non possiamo fare nulla, non si possono avere rapporti coi tifosi, per esempio. Sono contento di questa audizione che credo debba dare corso ad un seguito di rapporti con le rappresentanze del mondo calcistico per poterlo rifondare: con l´arrivo di Lotti pensavo ci fosse una rifondazione del calcio: bisognerebbe fare tabula rasa, questo è invece il Paese dei compromessi, dei ´non si può fare´».

MERCATO NAPOLI – «Sarri ha un contratto per il quale deve restare con noi per altri tre anni» e anche per Reina «è ancora in piedi un contratto: che stiamo sempre a rinnovare?»: così ha detto il presidente Aurelio De Laurentiis, parlando delle strategie di mercato dei partenopei all´uscita dall´audizione in commissione Antimafia. Il patron del Napoli si è detto inoltre «molto contento dell´arrivo di Ounas», mentre sull´obiettivo Mario Rui ha glissato: «Adesso vediamo, siamo appena agli inizi e tra l´altro il mercato non è ancora aperto. Tutto fatto? Vedremo…».

FUTURO AZZURRO – «È un film in evoluzione, ancora non uscito nelle sale. Delle volte mi domando quanti film avrei girato in America se non fossi tornato in Italia», ha poi detto il patron napoletano, rispondendo alla presidente dell´Antimafia, Rosy Bindi, che con il senatore Pd Esposito si è augurata che De Laurentiis rimanesse a capo del Napoli.

Fonte: corrieredellosport.it

 

Roma scatenata sul mercato. Dopo aver ufficializzato l´acquisto di Karsdorp dal Feyenoord, è fatta per l´arrivo dal Lione di Maxime Gonalons, centrocampista classe 1989. La Roma ha vinto il braccio di ferro con il club francese, che chiedeva 9 milioni di euro per il giocatore in scadenza nel 2018: i due club si sono accordati per 5 milioni. Con il giocatore accordo per un quadriennale da 2,7 milioni di euro. Lunedì visite mediche.
Alla fine dunque l´ha spuntata la Roma e Monchi mette a segno un altro colpo: il Lione chiedeva almeno 9 milioni per Gonalons, in scadenza di contratto tra un anno, ma alla fine la trattativa si è chiusa sulla base di quello che hanno offerto i giallorossi, ossia 5 milioni. Le visite mediche sono previste all´inizio della prossima settimana. Nell´ultima stagione il centrocampista ha collezionato 30 presenze in Ligue 1 (un gol) e dodici nelle Coppe europee.

Fonte: sportmediaset.mediaset.it

 

 

 

Carattere, simpatia, educazione (“Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa intervista, mi fa molto piacere parlare con voi”), affamato di vittorie e con un grande sogno nel cassetto. Un sogno, ovviamente, che parla italiano.

Matias Jesus Almeyda si racconta in questa intervista esclusiva concessa a TuttoMercatoWeb durante la quale, tra numerose analisi tecnico-tattiche e considerazioni sul proprio modo di lavorare come allenatore, non nasconde un pizzico di emozione quando la mente e i ricordi lo riportano in Italia e a quegli anni, vissuti tra Lazio, Parma, Inter e Brescia, per lui indimenticabili.

Doveroso, però, iniziare con il Messico. La sua realtà. Una realtà che lo vede assoluto protagonista sulla panchina del Chivas de Guadalajara, club prestigioso della Primera División che ha riportato al titolo dopo ben undici anni: “Non posso che essere felice per come stanno andando le cose. In due stagioni abbiamo conquistato campionato e 3 coppe, partendo da una situazione molto complicata, perché quando sono arrivato la squadra non andava benissimo, anzi. Rischiava di retrocedere. Pian piano, però, siamo cresciuti arrivando fino a questo punto, sono decisamente soddisfatto: il nostro lavoro non può che essere ottimo”.

Ormai è da considerare come una delle figure più importanti nella storia di questo club.
“Preferisco non pensarla in questo modo, voglio concentrarmi solo sul presente e sul futuro, sapendo comunque di aver fatto qualcosa di molto importante. Nel Chivas ci sono solo calciatori messicani e non è facile per noi operare sul mercato. Per fortuna, quando sono arrivato, il progetto che ho presentato alla società è piaciuto molto e mi hanno dato ampio potere, sotto tutti i punti di vista. E insieme abbiamo raggiunto un certo tipo di risultato. Ringrazio il club per avermi concesso questa fiducia, per un allenatore è fondamentale. Mi sento come una sorta di manager, quella figura che tanto va di moda in Inghilterra. Sono felice, ma non fermiamoci: avanti con il lavoro per crescere ogni giorno”.

Non si conosce moltissimo del calcio messicano: qual è il livello attuale e quali sono i margini per avvicinarsi all´Europa?
“Sì, oggi siamo indietro rispetto all´Europa, per vari motivi. Ma ci sono tanti soldi e gli acquisti, particolarmente onerosi, lo confermano. In questo non c´è molta differenza con i campionati europei, dove anche le cifre per gli ingaggi non sono così differenti, tutt´altro. Tecnicamente parlando, la Liga è molto competitiva: tante squadre possono vincere il titolo, noi ci siamo riusciti dopo undici anni. Il livello è elevato, purtroppo non c´è molta eco per via dell´assenza di una copertura televisiva importante. Le partite non vengono trasmesse nemmeno in Argentina, e questo è un peccato”.

Tornando a lei, cosa dobbiamo aspettarci dal suo futuro?
“Sono arrivate delle proposte, non lo nego, ma sono molto tranquillo. Ovviamente non nascondo che il sogno è di allenare un giorno in Europa, ma senza fretta: dovrò essere preparato al meglio quando arriverà quel momento. Punto ad avere una carriera da tecnico molto simile a quella da calciatore”.

Sia sincero: Europa vuol dire Italia?
“Soprattutto, l´Italia per me è il massimo. In Serie A c´è il calcio che mi piace di più, da voi mi sento come a casa. Spero tanto che questo mio sogno possa realizzarsi un domani”.

Eppure il livello attuale, rispetto a quello della ´sua´ Serie A, è calato tantissimo.
“La Germania è avanti, in Spagna c´è un calcio diverso e solo 3-4 club possono ambire alle prime posizioni, mentre l´Inghilterra si gode il gioco più bello e spettacolare. Ma ancora oggi considero il calcio italiano il migliore in assoluto. Vero, inutile nasconderne il calo rispetto ai miei anni, ma gradualmente sta tornando ad avere un certo appeal. Non mi perdo una partita, l´Italia per me resta il top. Senza dubbio”.

Come si descriverebbe come allenatore?
“Per me è difficile rispondere, di sicuro diverso rispetto a quando giocavo. Cerco di rendere felici i miei calciatori, che devono sorridere quando scendono in campo, ovviamente sempre con professionalità. L´obiettivo è migliorare ogni giorno. Nel tempo sono cambiato anche io, ma non la mia voglia di combattere e lottare che è rimasta intatta. Cerco di migliorare i miei uomini, tenendo conto anche dei valori umani. Ammetto senza problemi che sto diventando una sorta di ´pazzo´ (ride, ndr), spendo tantissime ore sul campo e davanti ai video per studiare ogni aspetto: studio, analizzo, guardo partite, le rivedo più di una volta. Ma questo è l´unico modo per migliorare e stare al passo con un mondo, quello del calcio, in continua evoluzione”.

In carriera ha avuto la fortuna di lavorare con grandissimi allenatori: c´è un modello in particolare?
“No, direi di no. Cerco di essere me stesso, di essere Matias. Lavorando con uomini come Bielsa, Sacchi, Passarella, Sabella ed Eriksson ho cercato di ´rubare´ qualcosa da tutti loro, questo è naturale, ma senza snaturarmi. Non voglio imitare nessuno”.

Per quanto riguarda l´attuale Serie A, che idea si è fatto studiandola da lontano? Da anni, ormai, la Juventus domina.
“La Juventus ha cambiato parecchio. Prima utilizzava quasi sempre il classico 4-4-2, mentre con Conte ha cambiato molto utilizzando anche altri moduli. E i risultati parlano chiaro. Sono contento per la Lazio di Simone (Inzaghi, ndr) che quest´anno ha fatto benissimo. Ma un plauso va anche all´Empoli di Sarri e Giampaolo che ha offerto un ottimo calcio. Diciamo che ultimamente abbiamo assistito a varie novità, perché prima tutti giocavano nello stesso modo. Ogni squadra può avere dei campioni, ma possono anche non bastare per vincere. Serve anche altro. L´Inter è reduce da stagioni difficili, al pari del Milan, mentre Roma e Napoli hanno fatto bene. Ne approfitto per fare i complimenti alla Lazio e al suo allenatore: un ´bravo´ a Simone, sono felice che siano tornati in Europa. Anche per i tifosi”.

Nel frattempo il ´suo´ Parma è tornato in Serie B.
“E ne sono felicissimo. Ora l´augurio, anzi, l´obiettivo è di tornare in Serie A il prima possibile. Ho un bellissimo ricordo della mia esperienza a Parma, ma questo vale anche per le altre piazze in cui ho giocato: Roma, Milano e Brescia. Mi sono trovato benissimo ovunque, non smetterò mai di ringraziare l´Italia e il calcio italiano: grazie a voi la mia vita è cambiata. Mia figlia è nata a Parma, ho passato 9 anni in Italia, ormai la considero come la mia seconda casa. A volte guardo ancora la foto di quegli anni ed è sempre una grande emozione ricordarli. Porto tutto nel mio cuore, lì ho passato i momenti più belli della mia vita. A volte sento la mancanza del vostro Paese, purtroppo il tempo passa velocemente”.

Quanto spera di sedersi, un giorno, su una panchina italiana?
“Sarebbe la realizzazione di un grande sogno, è quello che voglio come allenatore: allenare in Serie A” .

Fonte: tuttomercatoweb.com

 

 

Le parole di Claudio Lotito sulle difficoltà in cui versava la Lazio nel momento in cui l´attuale patron rilevò il club “non possono essere strumentalizzate per compromettere un presente che vede una società sana legata a un popolo biancoceleste tornato ad essere compatto ed entusiasta”.
È quanto tiene a far sapere il portavoce del club Arturo Diaconale in una nota che segue l´audizione di Lotito in commissione Antimafia. “Claudio Lotito – aggiunge Diaconale – non ha fatto altro che ripercorrere il faticoso percorso compiuto dal momento in cui è intervenuto per salvare la società dal fallimento fino al pieno recupero del rapporto con una tifoseria divenuta un modello di passione, di lealtà e di correttezza”. Concetti, quelli che espressi in maniera anche colorita dal presidente biancoceleste, che soprattutto “non possono essere utilizzati per compromettere un futuro di nuove soddisfazioni e di più significativi successi perseguiti nel rispetto della tradizione sportiva della Lazio fatta di moralità e legalità”

Fonte: ansa.it

 

 

“La verità della storia è nei dettagli”, deve aver scritto Paul Auster. Lo scrittore vive a Brooklyn, il gioco del calcio non gli interessa, non credo sappia nulla di questa storia e neppure dei dettagli. La storia è quella della “gazzarra” scoppiata tra i giocatori della Juventus durante l´intervallo della finale di Champions League. L´hanno raccontata due ottimi giornalisti, su due importanti giornali. Hanno raccontato la verità. Bonucci ha veramente detto a Dybala di aver iniziato a tirare indietro la gamba dopo aver beccato l´ammonizione, Dani Alves ha difeso Dybala, Bonucci ha detto poi a Barzagli che dalla sua parte il Real passava come un coltello nel burro caldo, Barzagli gli ha risposto che, se lui avesse messo il piede nel modo giusto, il tiro di Cristiano Ronaldo non sarebbe finito alle spalle di Buffon. Bim-bum-bam. Già, una bella “gazzarra” e una verità difficile da digerire per la dirigenza bianconero. Che ha subito fatto sapere: “Negli spogliatoi di Cardiff non è successo nulla di quanto raccontato”.

In fondo ha ragione anche la Juventus. E´ successo tutto nel tragitto tra il campo e gli spogliatoi, nel percorso coperto, lontano dagli sguardi dei tifosi e delle telecamere. In fondo dice la verità anche la Juventus: nel tunnel, “nulla negli spogliatoi”. Dettagli. E´ l´ultima verità, vera al cento per cento. Nel frattempo molti (colleghi) giornalisti si sono dilungati nel chiedersi perché quella notizia su Bonucci fosse uscita nel momento stesso nel quale Bonucci sembrava a un passo dal dire addio a Torino per trasferirsi a Londra, acquistato dal Chelsea. L´invidia è una brutta bestia, tutti (compreso il sottoscritto) avrebbero voluto dare quella notizia prima dei colleghi di Stampa e Repubblica. Per la cronaca: pare proprio che Bonucci resterà alla Juve. Quelli che dicevano “la notizia di Bonucci l´ha fatta uscire la Juve per rendere meno dolorosa la cessione”? Sbagliavano e rosicavano, pare proprio non sia così. Forse la “gazzarra” di Cardiff serviva per far sapere al difensore che era arrivato il momento di darsi una regolata? Forse. Una cosa è certa, trent´anni di lavoro, mi hanno insegnato almeno una cosa: le notizie escono alla scoperto quando qualcuno decide di farle uscire, non resiste, non può farne a meno, gli scappa o vuole che accada. E´ sempre così, all´inizio di una grande inchiesta giornalistica o alla fine di una piccola storia di calcio.

Certo, la Juve è brava anche questo: brava e terribilmente antipatica, spietata, arrogante nel gestire quello che vuole si sappia e quello che vorrebbe restasse nascosto. Detto questo, la storia di Cardiff sembra ormai acqua passata. La Juve guarda avanti: ha appena chiesto Milinkovic-Savic alla Lazio, Lotito lo appena fatto rinnovare, sparerà alto, forse 50 milioni. Marotta lo sa, ma è intenzionato a scoprire quanto sia davvero alta la richiesta. La notizia è di queste ore. Chissà perché hanno deciso di farla uscire ora?

Fonte: calciomercato.com

 

 

BARCELLONA – Il 7 agosto la rosa per la stagione 2017/18 del Barcellona verrà presentata, come da tradizione, nell´amichevole del Trofeo Gamper. Quest´anno però l´avversaria non sarà una grande squadra europea. A dicembre il club blaugrana ha infatti deciso di invitare la Chapecoense, club brasiliano colpito dal disastro aereo lo scorso novembre. Ora c´è finalmente una data per una partita dal grande risvolto emotivo.

LA TRAGEDIA DELLA ´CHAPE´ – La partita sarà sia un´iniziativa per ricordare le 71 persone che morirono nell´incidente aereo, sia un modo per aiutare il club brasiliano e le famiglie delle vittime grazie alla divisione degli incassi. «Il Barça vuole collaborare alla ricostruzione istituzionale e sportiva del club e aiutarlo a recuperare il livello competitivo che aveva in precedenza», ha dichiarato il club.

´AIUTI SOLO DA ROMA E BARÇA´ – Il presidente della Chapecoense, David Plinio de Nes, quattro mesi dopo il disastro aereo che ha cancellato la squadra brasiliana, aveva dichiarato a Fox Sports Messico: «Le uniche squadre a fornire un aiuto concreto al club sono state il Barcellona e la Roma. Solo questi due club si sono offerti di darci aiuto: i blaugrana si sono messi a disposizione, invitandoci al Trofeo Gamper del prossimo agosto, il cui incasso verrà diviso a metà con il nostro club». In particolare, sulla Roma aveva detto: «Ci ha offerto anche di disputare una partita, ma abbiamo un calendario molto fitto, con quasi tre partite alla settimana, ed è difficile trovare lo spazio per giocare».

PRECAMPIONATO BARÇA – La Liga inizierà a metà agosto. Circa un mese prima il Barcellona tornerà ad allenarsi, con l´appuntamento fissato al 12 luglio. Dal 19 al 30 partirà per la tournée americana, dove nell´ambito dell´International Champions Cup giocherà contro la Juventus (22 luglio), il Manchester (26 luglio) e il Real Madrid (29 luglio). Il 7 agosto disputerà il Trofeo Gamper e pochi giorni dopo (il 12 o 13 agosto) giocherà in casa l´andata del primo trofeo della stagione: la Supercoppa di Spagna contro il Real. Il ritorno è previsto per il 15 o il 16 agosto al Bernabeu.

Fonte: corrieredellosport.it

 

 

Vincere giocando. Evoluzione stilistica del giocare per vincere. Domani la Spagna disputa la sua settima finale dell´Euro Under 21 eguagliando il nostro record e se batte la Germania, cosa assai probabile per quanto fatto vedere sinora in Polonia, arriverà a 5 trionfi, di nuovo come noi.

DOMINIO INCONTRASTATO — Ma quella dell´Under 21 è solo una delle tante facce della vincente medaglia calcistica spagnola. Le nazionali in maglia rossa sinora hanno accumulato 24 vittorie nei vari Europei tra Under 17, Under 19, Under 21 e Assoluti, esattamente il doppio rispetto alla Francia, seconda nella graduatoria (l´Italia è quarta con 9 successi). Gli spagnoli guidano anche la classifica delle finali disputate, 36 contro le 27 della Germania e le 22 dell´Italia.

STILE DEFINITO — I numeri sono inequivocabili. E lo stesso vale per lo stile di gioco che contraddistingue le nazionali spagnole. E la grande maggioranza dei club della Liga. Il campionato dove si muovono Real Madrid, Barcellona e Siviglia, le squadre che hanno vinto le ultime 4 Champions League (con l´Atletico due volte sconfitto in finale) e 3 delle ultime 4 Europa League. Guardar giocare le squadre spagnole molto spesso è un piacere, lo stesso vale anche per le differenti nazionali. E allora torniamo da dove siamo partiti: vincere giocando (bene).

L´ESEMPIO DI CAPELLO — Quando nel 2006 Fabio Capello fu chiamato al capezzale del Real Madrid per vincere subito raggiunse l´obiettivo ma fu mandato via tra le altre cose perché il pubblico si lamentava del fatto che usasse il vituperato doble pivote , il doppio centrale di centrocampo che nel suo caso era rappresentato da Mahamadou Diarra e dal “Puma” Emerson. Dieci anni dopo, del doble pivote nel calcio spagnolo non c´è praticamente più traccia.

UTOPIA FLORENTINIANA — Nel Madrid Florentino Perez si era spinto oltre chiedendo prima ad Ancelotti e poi a Benítez di schierare solo mezzepunte e attaccanti, scelta che pregiudicava di fatto l´equilibrio del Madrid. Zidane si è imposto con Casemiro e sono arrivate due Champions consecutive. Il brasiliano gioca circondato da Benzema, Bale, Cristiano Ronaldo, Modric e Kroos come nella prima era Galáctica Makelele lo faceva con Zidane, Ronaldo, Raul, Beckham e Solari o Morientes.

IDEA DI CALCIO — Nell´Under 21 di Celades è Marcos Llorente a proteggere il talento dei vari Saul, Asensio, Ceballos (o Denis Suarez) e Deulofeu, con Lopetegui c´è Busquets dietro a Silva, Iniesta, Vitolo o Pedro e Thiago. Questi sono i nomi, alcuni immensi, altri in procinto di diventare grandi, però alle loro spalle c´è un´idea precisa di calcio, una maniera di giocare che parte sempre dalla casella dello spettacolo, del dribbling, dell´uomo saltato, del passaggio creativo che s´infila dove occhi normali non vedono nemmeno l´erba, figurarsi lo spazio per far passare il pallone.

NO AL “RESULTADISMO” — E, rimontando ancora più a ritroso ed estendendo l´Idea Madre, in Spagna la voglia d´insegnare a provarci sempre parte dalla base: i bambini crescono senza l´assillo del resultadismo , parola che curiosamente in italiano non abbiamo, ma si identifica con il pallino del bel gioco. La cosa porta le piccole squadre della Liga a soffrire ogni tanto imbarcate di gol ma eleva il livello medio dei giocatori, toglie loro la paura, fa aumentare il coraggio. E spesso porta anche i risultati .

Fonte: gazzetta.it

 

 

E´ un Max Allegri a 360 gradi quello che si è confessato a “Mister Condò”. L´allenatore della Juventus, protagonista del programma di Sky Sport, è tornato sulla finale di Cardiff, sul rapporto con Bonucci e ha rivelato particolari inediti della sua avventura a Torino senza risparmiare qualche frecciatina: «Era un momento in cui sembrava fossi destinato alla Nazionale, ma alle cinque mi chiamano e mi dicono che il presidente mi voleva parlare, poi vidi un messaggio che diceva che Conte si era dimesso e allora capii. Eredità pesante? Ero sereno perché credevo che quella squadra avesse tanto da dare, soprattutto in Europa. Conte fece bene ma quello fu merito di tutti a partire dalla società, difficile che un allenatore faccia tutto da solo. Ostilità? I tifosi erano giustamente legati a Conte perché lui aveva dato la possibilità di tornare a vincere ed io avevo fatto un´analisi lucida sulla squadra».

POGBA? A QUELLE CIFRE… – «Tevez e Pirlo hanno fatto una scelta, Vidal è stata un´occasione di mercato che la Juve con me ha deciso di sfruttare. L´anno dopo è stato diverso. Tutti e tre gli anni sono stati diversi. Il primo anno bisognava solo crescere in Europa senza stravolgere niente. Difesa a quattro? Bonucci, Barzagli e Chiellini sono i più forti in Europa e possono giocare come vogliono la dimostrazione è la finale del 2015 dove hanno giocato uomo contro uomo per 50 minuti. Secondo anno? – continua Allegri – Con dieci giocatori nuovi i senatori non si riconoscevano nello spogliatoio, ci voleva tempo per ripartire in modo diverso. Non avevo chiesto Higuain, io do indicazioni e quell´anno dissi che dopo la finale di Champions bisognava migliorare. Nelle giocate Dybala dà più nell´occhio, Pogba è straordinario perché ha fisicità e tecnica. Non ho fatto nulla per tentare di trattenere Pogba anche perché quando la società mi ha detto le cifre…».

SASSUOLO E IL CAMBIO MODULO – «Io nemmeno parlai, parlarono il presidente, Evra e Buffon, io non avevo bisogno di parlare, c´era da ricostruire e la squadra poteva vincere un tot di partite. Una volta dissi ai ragazzi che lo scudetto si poteva vincere, credevano avessi fatto uso di sostanze, bastava riprendere il cammino. Sorrido quanto sento i santoni che dicono fanno e che sanno poco di calcio giocato e sensazioni, credevano fossimo finiti, ma io mi diverto. – e poi il 4-2-3-1 – Rischiavamo di non vincere lo scudetto ed era già un po´ che lo sentivo. Dopo Firenze rimanemmo a quattro punti, entrare in un vertice negativo era un attimo. Avevamo bisogno di una svolta mentale e spaccare la stagione perché con quel modulo, quegli uomini non potevano dare di più».

Fonte: tuttosport.com

 

Pubblicato da Alessandro Lugli

Alessandro Lugli è nato a Napoli e ivi residente. Poeta, giornalista pubblicista e cantante. Direttore di vari blog da lui creati.