Cronaca-calcio

L’Italia diventerà zona rossa a Natale, Capodanno e nei giorni immediatamente precedenti. Troppa gente per strada, troppa gente che se ne infischia delle norme (e del buon senso). Il primo weekend di Italia in zona gialla ha fatto capire al governo che no, zona gialla a Natale non si può.
Italia in zona gialla per gli italiani vuol dire Italia fuori dalla pandemia. Il primo test di dicembre è fallito. Clamorosamente. Appena aperte le “gabbie”, tutti si sono riversati per le vie dello shopping. Soprattutto nel centro delle città (anche perché i centri commerciali sono chiusi nel fine settimana).
File fuori dai negozi, fiumi umani per le strade. Parlare di assembramenti è riduttivo, non rende l’idea di quello che è successo a Roma, Milano, Torino, Napoli, eccetera. Ovunque, da Nord a Sud, senza distinzioni. In un giorno da quasi 18mila casi e quasi 500 morti in più per Coronavirus.
Dunque il governo sta pensando a una nuova stretta per Natale. Con l’ipotesi di un’Italia di fatto tutta in zona rossa nei festivi e prefestivi. Unica eccezione, una deroga agli spostamenti tra i piccoli comuni. L’ipotesi è quella di consentire di uscire, ponendo un limite chilometrico, solo dai comuni sotto i 5mila abitanti.
La maggioranza sta anche pensando a interventi per evitare gli assembramenti nelle vie e nelle piazze dello shopping e nelle zone centrali delle grandi città. Quali interventi? Maggiori controlli e chiusure mirate. Un’altra idea è quella di anticipare il coprifuoco e la chiusura di bar e ristoranti. Oltre a limitare i grandi spostamenti all’interno delle regioni (quelli tra regioni sono già vietati dal 21 dicembre).
Domenica 13 dicembre l’Italia dello shopping si è data alla pazza gioia. Soprattutto le regioni appena ritornate gialle. A Milano il centro città è stato letteralmente preso d’assalto dalle persone. Complice anche la bella giornata di sole dopo tanti giorni di pioggia. Fin dal mattino persone a fare shopping, con code fuori dai negozi dei marchi di lusso.
E coda anche per prendere il primo aperitivo dopo tanto tempo. Come allo storico locale in Galleria Vittorio Emanuele II, il Camparino, dove i milanesi si sono messi in fila per bere l’aperitivo nel primo giorno di riapertura dei bar.
Anche il Piemonte si è svegliato giallo e allo storico “Caffè Torino“, in piazza San Carlo, i tavolini erano al completo. Per le strade del centro c’era grande folla e già alle 11 si faceva fatica a camminare, con i negozi presi d’assalto. Code di auto, ingorghi e parcheggi tutti pieni con qualche assembramento davanti ai negozi delle catene di abbigliamento.
A Roma, dove ha riaperto lo storico mercato di Porta Portese, nel tardo pomeriggio è stata chiusa per troppa folla l’area di Fontana di Trevi. Affollate le strade del centro, traffico, file davanti ai mega store e controlli a tappeto. (Fonte Ansa)

 

Da mercoledì 16 dicembre la Germania chiude tutto per un mese: chiude tutto nel senso di lockdown totale. Lockdown totale per tutte le vacanze di Natale. Con alcune piccole deroghe. Nei giorni di festa vera e propria (Natale, Santo Stefano, Capodanno) ci si potrà recare a trovare parenti stretti.

Come ha confermato a BlitzQuotidiano una fonte che vive a Berlino, le limitazioni riguarderanno il grado di parentela e il numero di parenti. Ma non le distanze geografiche. Si potranno vedere fino a un massimo di 4 parenti stretti (adulti), mentre i minori di 14 anni non sono soggetti a restrizioni. E si potranno riunire anche se vivono in Laender diversi. Angela Merkel ha deciso di chiudere tutto per un mese, con lo stesso numero di dati dell’Italia. Nelle ultime due settimane Italia e Germania hanno registrato numeri analoghi per morti e contagi.Loro vanno in lockdown totale (a Natale), mentre qui pensiamo a fare lo shopping. In Germania coloro che avevano frenato la Merkel sul lockdown fanno mea culpa e dicono di aver avuto torto. In Italia ci si preoccupa di come fare ad aggirare le norme per cenone del 24 dicembre e pranzone del 25. E si fanno i regali, tanti regali. Regali che poi bisognerà dare di persona, giusto? E questo la dice lunga sulle intenzioni degli italiani per Natale… Chi avrà ragione, gli italiani o i tedeschi?

Germania in lockdown totale da mercoledì 16 dicembre
Angela Merkel ha scelto la linea dura. Da mercoledì 16 dicembre in Germania scatterà il lockdown. Lockdown totale con negozi e scuole chiuse, divieto di assembramenti, di consumo di alcol per strada e niente fuochi d’artificio di Capodanno.

E, questa volta, non ha dovuto litigare con i Laender. In meno di un’ora, i governatori e la cancelliera si sono riuniti in un vertice convocato d’urgenza di fronte agli sviluppi della pandemia dell’ultima settimana. Tutti d’accordo sul fatto che i numeri del Covid, “richiedono un’azione immediata”.

Germania: tutte le restrizioni durante il lockdown
Fino al 10 gennaio, quindi, stop al commercio al dettaglio (con l’eccezione di alimentari, farmacie e pochi altri ritenuti essenziali) e all’obbligo di presenza nelle scuole, finora rimaste sempre aperte dal riavvio delle lezioni ad agosto.

Le concessioni, annunciate per le feste di Natale e Capodanno appena qualche giorno fa, vengono di fatto revocate. Il divieto di contatto non consentirà di festeggiare fra più di 5 persone (bambini e ragazzi sotto i 14 anni esclusi). E sarà proibita la vendita dei fuochi d’artificio. Bandito anche il vin brulè, con il divieto di consumare alcol per strada.

Sarà invece possibile la celebrazione delle messe religiose: a condizione che si rispettino le distanze di 1,5 metri in chiesa, e che non si canti.

Coronavirus: i numeri della Germania
Scelte che arrivano dopo il record di 30 mila contagi e i quasi 600 morti in 24 ore, segnato due giorni fa. La Merkel non ha usato giri di parole: “I provvedimenti di novembre non bastano, i casi aumentano ed è ripresa la crescita esponenziale della diffusione del virus. Siamo costretti ad agire, e adesso lo facciamo”.

Pure più enfatici i toni del presidente della Baviera Markus Soeder: “Lo scenario di Bergamo è più vicino di quanto si creda. Per impedire che questo accada anche in Germania, bisogna agire in modo conseguente”. Secondo il governatore, che molti vedono papabile candidato cancelliere dei conservatori alle prossime elezioni federali, il Paese che meglio ha gestito la prima ondata della pandemia “potrebbe nella seconda diventare ‘il caso’ d’Europa’”.

Il semi lockdown del 2 novembre ha fallito
Il semi lockdown scattato il 2 novembre – quando sono stati chiusi al pubblico ristoranti, istituzioni culturali, centri sportivi e gli alberghi al turismo – ha fallito. In alcuni Laender l’allarme è già stato lanciato in settimana, quando la Sassonia ha disposto ad esempio la chiusura delle scuole già da lunedì.

Con oltre 1,3 milioni di contagi complessivi e 21.787 vittime, la Germania punta a poter ricostruire le catene di contagio, tornando sulla soglia di 50 infezioni la settimana (contro una media attuale di 169) ogni 100 mila abitanti. (Fonte Ansa)

 

La qualità della vita ai tempi del Coronavirus: la classifica 2020 del Sole 24 Ore analizza le città italiane in epoca di pandemia. E sicuramente lockdown e quarantene, restrizioni e zone gialle/arancioni/rosse hanno inciso. Bologna è prima dopo aver scalato 13 posizioni. Male invece Milano, uno degli esempi di città “affondata” dall’onda Covid.

In generale, molto bene l’Emilia-Romagna: 5 province su 9 sono nella top 20 del Sole. Parma (8ª), Forlì Cesena (14ª), Modena (15ª) e Reggio Emilia (17ª). In particolare, Bologna è prima per Ricchezza e Consumi, quarta in Affari e Lavoro, seconda in Ambiente e Servizi, terza in Cultura e Tempo Libero. Di contro non brilla per Sicurezza e gestione della giustizia (106ª). E’ nella parte bassa della graduatoria nazionale per denunce di furti, estorsioni, frodi, violenze sessuali. Questo è comunque un comune denominatore di molte città universitarie con un’alta presenza di fuorisede.Classifica qualità della vita 2020: gli indicatori del Sole 24 Ore
L’edizione 2020 analizza 90 indicatori. Per la maggior parte (circa 60) aggiornati al 2020 in base agli ultimi dati disponibili. L’obiettivo è quello di raccontare in presa diretta il differente impatto della pandemia da coronavirus sui territori.

L’impostazione della ricerca conferma le sei aree tematiche di analisi che fotografano la complessità della vita nelle province italiane. 1. Ricchezza e consumi; 2. Demografia e salute; 3. Affari e lavoro; 4. Ambiente e servizi; 5. Giustizia e sicurezza; 6. Cultura e tempo libero.

All’interno di queste aree sono stati inseriti 25 indicatori. Che documentano le principali conseguenze del Covid-19 su salute, attività economiche e vita sociale. Tra questi nuovi parametri, ad esempio, ci sono i casi Covid in rapporto alla popolazione. L’unico indice il cui punteggio è stato pesato maggiormente nella determinazione della classifica finale. Proprio per testimoniare l’eccezionalità di questi mesi sulla vita quotidiana di tutti gli italiani.

Classifica qualità della vita: Covid “affonda” Milano
Dopo Bologna, sul podio ci sono Bolzano (2ª) e Trento (3ª), habitué della top 5 della Qualità della vita. Le due Province autonome hanno saputo tenere le posizioni anche nell’anno della pandemia. Benché siano ora attese alla prova di un inverno difficile per l’economia della montagna. A

parte queste due province, dall’indagine risulta come soprattutto il Nord della Penisola esca penalizzato dagli effetti su larga scala del virus. Le province lombarde hanno segno negativo, in peggioramento rispetto allo scorso anno, ad eccezione di Sondrio e Mantova. Colpita anche Milano – vincitrice sia nel 2018 sia nel 2019 – che perde 11 posizioni. Qui pesa il crollo del Pil pro capite in base alle stime 2020, ma anche il nuovo indicatore sullo spazio abitativo medio a disposizione (con una media di 51 mq per famiglia).

Penalizzate grandi città e località turistiche
La crisi penalizza le aree metropolitane più turistiche, come Venezia (33ª, in calo di 24 posizioni), Roma (32ª, -14), Firenze (27ª, -12) oppure Napoli (92ª, -11). E della mancanza di turisti risentono anche le località di mare: peggiorano le province di Puglia e Sardegna (fatta eccezione per Cagliari e Foggia), Rimini (36ª, perde 19 posizioni rispetto allo scorso anno), Salerno, Siracusa e Ragusa.

In controtendenza solo la Liguria, tutta in miglioramento, dove addirittura Genova (19ª) celebra con una buona performance la riapertura del viadotto sul Polcevera dopo il crollo del ponte Morandi recuperando 26 posizioni. A registrare “scatti di crescita”, piazzandosi nella top ten, sono anche altre province di medie dimensioni come Verona (4ª, +3 posizioni), Udine (6ª, +10 che ottiene la sua migliore performance in Giustizia e sicurezza) e Cagliari (9ª, +11, regina della categoria Demografia e salute).

Il Sud non scala la classifica: Crotone ultima
I bilanci post pandemia sono ancora prematuri. Ma per il momento, pur colpendo soprattutto i territori che tradizionalmente occupano la parte più alta della graduatoria, non è riuscito a trascinarli sul fondo. Il Sud, infatti, resta fermo nella parte bassa della classifica, con i sui problemi di sempre. Le aree metropolitane del Mezzogiorno guadagnano posizioni al capitolo Demografia e salute, proprio perché il virus ha picchiato più duro altrove. Ma restano sul fondo nelle altre categorie dove pesano i divari strutturali ereditati dal passato. Questo anno chiude la classifica Crotone, preceduta da Caltanissetta, ultima lo scorso anno.

L’effetto Covid in 25 indicatori
Per comprendere meglio l’impatto della pandemia che ha sconvolto il 2020 – e inevitabilmente ha influito sulla qualità della vita nelle province – l’indagine del Sole 24 Ore propone anche un focus su 25 indicatori, aggiornati tra il 30 giugno e ottobre di quest’anno. Tra questi: il Pil pro capite; le ore di cassa integrazione autorizzate; il Reddito di cittadinanza; i decessi e le nascite; le iscrizioni e le cancellazioni all’anagrafe e al registro imprese; il numero di bar e ristoranti; la litigiosità in tribunale.

Dall’analisi dei 25 parametri emerge la profondità della crisi economica e sociale, per ora tenuta a bada da ammortizzatori, contributi e ristori statali. Il Reddito di cittadinanza, per esempio, aumenta nelle grandi metropoli e al Sud: a Milano, dove gli assegni sono poco meno di 13 ogni 1.000 abitanti, tra dicembre 2019 e agosto 2020 ne sono stati emessi il 40,3% in più. A Napoli e Palermo si tocca quota 49 e 51,5 contributi ogni 1,000 abitanti, in salita del 36% e del 33,2 per cento. Tra gennaio e settembre 2020, invece, le ore medie di cassa integrazione autorizzate sul territorio nazionale per ciascuna impresa sono salite del 5.975,21 per cento, con la situazione aspra in tutte le province d’Italia.

Alcune aree hanno incrementato la spesa sociale per rispondere a bisogni come l’assistenza domiciliare e il trasporto di anziani e disabili. Lo rilevano i primi dati comunicati alla banca dati Siope (anche se bisognerà aspettare i bilanci consuntivi). Bologna registra un aumento pro capite del 53,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ci sono, tuttavia, territori in cui, tra gennaio e giugno, la spesa sociale sembrerebbe calata molto rispetto allo stesso periodo 2019.

Il dinamismo imprenditoriale, poi, caratterizza alcuni territori più inclini a cogliere le opportunità anche nella pandemia. In particolare, a Lecco (+30,77%), Prato (+29,69%), Brindisi (+26,61%), e Matera (+26,23%) sono aumentate le imprese che fanno e-commerce, mentre il boom di start up si registra a Imperia (+200%), Viterbo (+66,67%), Arezzo (+54,55%) e Siena (+50%).

Focus sul digitale con 10 parametri: chi eccelle nella svolta digitale
L’analisi dei dati territoriali 2020 presenti nella Qualità della vita permette di rilevare – attraverso un’ulteriore selezione di dieci dei 90 indicatori – i divari esistenti nel Paese sul fronte dell’evoluzione digitale, che ha registrato una spinta senza precedenti e rappresentato un’àncora di salvezza per tanti settori, diventando un asset sempre più importante per il futuro. La geografia dell’Italia digitale, però, non è per niente scontata. E l’arrivo del virus non ha trovato tutti pronti allo stesso modo.

Tra i primati si rileva Firenze, premiata dall’indice di trasformazione digitale elaborato dal Forum Pa, mentre Viterbo è in testa per il numero di Spid erogate ogni mille abitanti, Monza e Brianza per la quota di enti pubblici che si affidano alla piattaforma unica Pago Pa e, infine, Milano per l’incidenza di imprese che fanno ecommerce sul totale.

Dati consultabili e scaricabili online
Per la prima volta in trentuno edizioni della Qualità della vita verranno pubblicati i dati raccolti quest’anno per elaborare le classifiche.

Tutti i 90 indicatori, in particolare i dati alla base dei punteggi attribuiti dalla redazione, e i trend relativi ai 25 parametri utilizzati per raccontare l’effetto del Covid sui territori saranno per la prima volta accessibili e scaricabili online su qualitadellavita.ilsole24ore.com con mappe interattive e pagelle per ogni città.

I dati saranno disponibili in formato machine readable per consentirne il riuso e la rielaborazione (eccetto l’uso commerciale), in una pagina GitHub del Sole 24 Ore e riutilizzabili dalla comunità di cittadini, ricercatori, media e decisori. Si tratta di dati raccolti da fonti istituzionali o forniti alla redazione da realtà certificate. (Fonte Il Sole 24 Ore)

 

Vaccinare, essere assunti per nove mesi per vaccinare milioni di italiani: cioè secondo sindacato Anaao Giovani ipotesi di “sfruttamento” ai danni dei giovani medici, si sono persi Ippocrate?

Tremila medici e novemila infermieri da assumere
Dodicimila assunzioni per la campagna di vaccinazione. E’ da molti decenni che il pianeta tutto non conosce una campagna di vaccinazione di massa. La gran parte della popolazione non riesce neanche a concepirne la complessità. Una colossale operazione logistica su scala mondiale. Una mastodontica operazione culturale. Alcune prime e limitate reazioni lasciano vedere come si sia del tutto impreparati ad entrambe le operazioni.

I tremila medici in più da assumere ovviamente non possono essere creati dal nulla in settimane o mesi. Devono per forza di cosa essere arruolati tra pensionati, specializzandi, neolaureati. Ma…Si legge sul Corriere della Sera a firma Lorenzo Salvia che “Anaao Giovani dice già no a quello che definisce uno sfruttamento”.

Vaccinare un compito demansionante?
Sfruttamento…Sfruttamento i nove mesi di contratto? Si vaccina solo in cambio del posto fisso? O il vaccinare è compito che demansiona? Meglio togliere tonsille che fa anche parcella? Cosa intende con esattezza Anaao Giovani quando respinge idea giovani medici assunti per vaccinare la popolazione? Quali sono le ragioni? Le ragioni della categoria hanno ragioni che Ippocrate non conosce e capisce. Ippocrate chi? Anaao Giovani se lo è perso.

Allerta meteo, niente scuola. Anche da casa
Cronaca in qualche modo analoga quella di qualche giorno fa. Allarme meteo in qualche zona d’Italia e quindi prudentemente niente andare a scuola e niente lezioni. Ma c’è, per quel che può, la didattica a distanza, le lezioni a distanza. Ma qualche sindacalista della scuola ha precisato: se allerta meteo blocca e sconsiglia di andare a scuola il niente lezione vale anche da casa. Se piove forte e tira vento è vacanza, diritto di prof, magari sta scritto in contratto.

Lotteria scontrini, negozianti non pronti
Infine ma non a caso terza segnalazione di cronaca della stessa famiglia di eventi: la Lotteria degli scontrini con tutta probabilità slitta a luglio 2021. I negozianti si dicono non pronti. Non pronti, non attrezzati in tecnologia? Non proprio, non sono pronti al tutto no cash e quindi al tutto tracciabile.-blitzquotidiano.it-

 

Maradona non è morto. Partiamo da molto lontano. Sappiamo che i sacerdoti egiziani veneravano la memoria di Osiris, Dio della morte ma anche della resurrezione.. Per lo meno dalla quinta dinastia dei faraoni egiziani, intorno al secolo XXV a.C.. Se non da prima.

Maradona non è morto. Riflessioni filosofiche e storiche sulla figura di Diego di un giornalista italo-argentino.
Osiris era per gli antichi egiziani, come tutti i loro dei, eterno. Ma la sua immortalità non era un concetto astratto. Ogni anno gli rendevano omaggio con celebrazioni durante la festa della semina del frumento. Quando il suo corpo era il cibo del quale si nutrivano le verdi e tenere piante per risorgere ogni primavera, nella stagione delle crescite del Nilo.

L’immagine di Osiris, per quel che sappiamo dalle ricerche archeologiche, includeva una pelle verde. Simbolo della crescita delle giovani piante di frumento (Triticum aestivum, una specie della famiglia Graminae, cioè un’erba).

Il culto di Osiris sopravvisse per secoli ai faraoni
Il culto ad Osiris sopravvisse in Egitto per molti secoli. Mentre le dinastie dei faraoni si estinguevano in feroci lotte interne. E venivano sostituite da nuove famiglie reali. I sacerdoti di Osiris continuarono, attraverso il tempo, a tener viva la memoria del loro dio.

Erano i fedelissimi, i veri credenti, una casta immortale aldilà delle lotte politiche. Immortale come l’erba che cresce ogni anno ai lati del Nilo. Osiris guardò loro con piacere. E li protesse contro i pericoli delle meschine lotte politiche.

Torniamo ai nostri tempi. Nella seconda metà del secolo XX nacque una nuova religione, il culto a un giocatore di calcio argentino: Diego Armando Maradona. Questa nuova fede ha un numero molto maggiore di credenti, e si estende su quasi tutta la superficie del pianeta.

Quanto durerà la nuova religione di Maradona?
Non sappiamo quanto tempo durerà questa nuova religione. Ma sappiamo già che si nutre di un’altra erba verde, quella che cresce nei campi di calcio. Intorno ad essa i suoi fedeli si sono riuniti dall’inizio della religione. E oggi, già morta la manifestazione umana del dio, il rito persiste. Con tanto di stadi rinominati in onore di Diego, canzoni, bandiere, bimbi battezzati in ricordo dell’idolo, e milioni di credenti. Che, fedelissimi, continuano a rendergli omaggio in piccoli santuari nei quartieri popolari di Napoli, di Buenos Aires, o nei villaggi del Bangladesh o Siria.

Nella mia Argentina il fenomeno del calcio come religione è stato seriamente studiato da antropologi, sociologi, psicologici, storici e anche da altre discipline. Tutti sappiamo dei forti legami fra l’Italia e l’Argentina. E lascio a voi, cari lettori italiani, a decidere quali delle caratteristiche del fanatismo del calcio sono applicabili anche ai tifosi azzurri, e alla società italiana in genere.

In Argentina come in Italia il calcio fu importato dagli inglesi
In Argentina, come in Italia, il calcio fu introdotto come sport dagli inglesi, che erano presenti come immigranti in numeri non così ingenti come gli italiani. Ma ebbero un ruolo preponderante nella costruzione delle ferrovie argentine. Che si estesero dal centro nevralgico di Buenos Aires verso tutti i punti cardinali, Come una gigante ragnatela che serviva a raccogliere i frutti delle “pampas” ed esportarli oltremare.

Attraverso la loro dispersione geografica in Argentina, approfittando delle ferrovie da loro costruite, gli inglesi introdussero il calcio. E sino agli anni 1920 i verbali della “Associazione di Futbol Argentina” erano tenuti in inglese. Fatto non molto conosciuto né ammesso in Argentina, data la forte rivalità con il Regno Unito. Che si inasprì nel 1982 con la guerra per le isole dell’Atlantico.

La loro eredità culturale è ancora manifesta nei nomi di alcune delle più importanti squadre di calcio argentine: Boca Juniors, River Plate, Newell’s Old Boys, etc.

Calcio come religione concorrente a quella cattolica
Presto però il calcio diventò profondamente argentino. E si rivelò una quasi religione, concorrente di quella cattolica. Con la quale si disputava, e si disputa ancora, la presenza dei fedeli la domenica, il supporto economico, l’attaccamento ai riti, e l’osservanza della liturgia.

Ogni religione ha bisogno di un luogo di raduno. In Argentina, e soprattutto a Buenos Aires, i club di calcio sorsero e continuano ad essere associati con determinati quartieri della città. Dove lo stadio è presente e visibile sopra i tetti delle case del borgo. Tutti i giorni gli abitanti del quartiere vedono lo stadio mentre vanno a lavorare, a scuola, o a fare la spesa. Come il campanile della chiesa nel dipinto “Angelus” di Jean-Francois Millet. E la domenica è impossibile ignorare l’assordante bramare della folla, i gridi euforici dei gol o la rabbia feroce di una sconfitta.

Quando nasce un bambino a Buenos Aires
Ma le religioni hanno anche bisogno di sacerdoti. Alla nascita di un bambino nei quartieri popolari di Buenos Aires, specialmente se si tratta di un maschio, i genitori spesso subito iscrivono il neonato come socio al club di calcio. Prima ancora di registrarlo all’anagrafe o battezzarlo nella parrocchia.

Sino alla metà del secolo scorso, l’adesione degli abitanti di un quartiere verso una squadra di calcio era monolitica. Sarebbe stato inconcepibile che un giovane abitante del quartiere della Boca avesse professato un’aderenza a una squadra che non fosse il Boca Juniors. Ricordo che da piccolo comperavo degli album di figurine dove incollavo i volti dei giocatori di ogni squadra argentina. Cosa che si poteva fare perché gli stessi giocatori rimanevano nel loro club di calcio per tutte le loro vite.

Oggi comanda la regola del cash flow
Ma globalizzazione e lo sviluppo dell’universo cibernetico portò a una erosione della solidità delle religioni sportive. Oggi i giocatori passano da una squadra all’altra senza nessun riparo. Fedeli al “cash flow” molto più che a qualsiasi considerazione di fedeltà al club. Un album di figurine sarebbe obsoleto quasi immediatamente dopo essere pubblicato.

Anche gli allenatori, e gli stessi proprietari dei club, non ci pensano due volte a cambiare squadra, o a vendere giocatori se i numeri tornano.

Di fronte a questa commercializzazione della fedeltà calcistica è sorta una classe di accoliti. Che, come i sacerdoti di Osiris, si sono presi l’incarico di salvare gli antichi riti. In Italia gli chiamate “ultra”, mentre in Argentina sono conosciuti come “barra brava”. Che letteralmente vuole dire un gruppo di persone aggressive (da non confondere con il senso della parola in italiano).

I barra brava come gli ultra
Fedelissimi all’anima della squadra, incorruttibili nella loro difesa dei colori del club, questi gruppi hanno sviluppato una vera struttura sociale. Che comprende aspetti economici, culturali, e politici. Suggestivamente nominati (ad esempio, la “barra brava” del Racing Club si chiama “La Guardia Imperiale”) questi gruppi non solo mantengono la tradizione di assistere in persona a tutte la partite della squadra.

(In alcuni casi viaggiando migliaia di chilometri attraverso l’Argentina per essere presenti anche nelle partite di trasferta. Facendo auto-stop, nascondendosi dentro i camion o sopra i vagoni dei treni, dormendo nelle stazioni. E rubando se necessario per comperare il biglietto per la partita).

Ma hanno sostituito la Chiesa e lo Stato in molte delle funzioni sociali nei quartieri.

Le “barra bravas” si occupano della commercializzazione di droghe e armi. Gestiscono i parcheggi e le piazze pubbliche attraverso la riscossa di pedaggi dagli utenti. Provvedono persone per ingrossare le folle alle manifestazioni dei partiti politici. E assicurano voti a cambio di biglietti gratis per le partite della squadra. Biglietti che poi vendono in nero con ingenti guadagni.

Sacerdoti del rito pagano del calcio
Veri e propri guardiani dell’anima del club, i “barra bravas” tramandano le tradizioni della squadra da una generazione a un’altra. Osservando la liturgia del rito, incorruttibili persino dal più ricco patron che possa acquistare la squadra. Una vera religione forte di mistiche passioni e una devota osservanza alle bandiere del club.

Dentro di questo schema quasi-religioso l’arrivo di Maradona da uno di questi quartieri poveri. Sino al suo atterraggio al centro dell’attenzione mondiale. È facilmente paragonabile alla venuta di Cristo alla terra un paio di migliaia di anni fa.

Maradona fenomeno mondiale
Maradona come fenomeno mondiale per me è spiegabile non dalla sua perfezione. Perché lui certamente non era perfetto (specialmente a livello personale). Ma dalla sua imperfezione. Fu questa identificazione con i meno fortunati. I poveri. I dimenticati. Quelli che solo possono sperare di vivere 90 minuti di gioia la domenica “in chiesa” se Maradona gli regala un gol. E li benedice con una assoluzione delle loro tristezze originate dalla droga, dalla miseria, dall’analfabetismo… Fu questo che diede a Maradona il suo stato di divinità.

Maradona era cosciente della sua divinità. Come dimostrato dalla sua risposta a un giornalista. Che gli chiese se aveva segnato il gol della vittoria degli argentini contro gli odiati inglesi nel Mondiale 1986 illecitamente con la mano. “Sarà stata la mano di Dio”, Maradona dixit. Come Cristo che annuncia la sua resurrezione, la divinità incarnata è cosciente della sua eternità.

Maradona morto? Lo dicono i giornali
Adesso i giornali dicono che Maradona è morto. Lo dicono perché devono attenersi alla veracità delle cronache che si riferiscono a un fatto puntuale. Ma in tanti piccoli santuari a Napoli dove si conserva un ciuffo dei capelli di Diego, cimeli dello suo passato nella città partenopea. E nelle squalide e scure bidonville di tutto il mondo, dove il calcio è passione, brilla ancora la fiamma di una religione. Che annuncia che Maradona non è morto. Dovunque cresca ancora un filo d’erba verde dove far correre il pallone, il dio della vita e della morte gioca ancora.-blitzquotidiano.it-

 

E’ morto John Le Carré, il maestro britannico dei romanzi di spionaggio. Lo ha annunciato il suo agente. “E’ con grande tristezza che devo annunciare che David Cornwell, noto al mondo come John Le Carrè, è morto sabato 12 dicembre 2020 ,dopo una breve malattia (non legata al Covid-19), in Cornovaglia”.

John Le Carré aveva 89 anni. “I nostri pensieri vanno ai suoi quattro figli, alle loro famiglie e alla sua cara moglie Jane”, ha detto il suo agente Jonny Geller.

La vita e i romanzi di John Le Carré
Pseudonimo dello scrittore inglese David J. M. Cornwell, Jonh Le Carré, nato a Poole, nel 1931, ha insegnato all’università di Eton, prima di diventare un funzionario del ministero degli Esteri britannico ed essere reclutato dai servizi segreti (MI6). Da questa esperienza è nato, nel 1961, il personaggio dell’agente segreto George Smiley, protagonista di molti suoi romanzi.

A consacrarlo all’attenzione internazionale è stato “La spia che venne dal freddo” (1963). Tra le sue opere più celebri, “La talpa”, “L’onorevole scolaro”, “Tutti gli uomini di Smiley”, “Chiamata per il morto”, “La casa Russia”. Tra le più recenti, “Un passato da spia” e “La spia che corre sul campo”. (Fonti Ansa e Daily Mail).

 

Il Milan sa che non si può rilassare perché alle sue spalle le avversarie scudetto non perdono colpi. Così Pioli tira un grosso sospiro di sollievo per l pareggio contro il Parma raggiunto al 91′ con un bel sinistro di Theo Hernandez proprio quando la prima sconfitta in campionato sembrava materializzarsi.
Recrimina Liverani, al quale due punti in più avrebbero fatto un gran comodo. Intanto Inter e Napoli carburano a fatica e hanno bisogno di andare in svantaggio per svegliarsi. La Juventus a sua volta deve subire un pareggio per trovare la spinta a portare a casa i tre punti. Tutto il contrario per la Roma, che parte a razzo e chiude ampiamente la pratica già nel primo tempo.

La furia di Conte si trasmette ai nerazzurri che giocano a tavoletta e a Cagliari vincono anche grazie all’ex Barella, in vena di prodezze. Il Napoli, alla prima allo stadio Maradona, spreca un tempo, poi Gattuso inserisce Lozano e Petagna che affossano la Samp. Non c’è discussione a Bologna. La Roma è in vena di calcio champagne e strapazza gli emiliani con un 5-1 già fissato nel primo tempo con occasioni a grappoli che impauriscono un Bologna senza attenuanti.

La Juventus si aggrappa ancora una volta a CR7, infallibile dal dischetto, che con una doppietta sogna il 3-1 finale a Marassi sul Genoa, dopo che la rete in apertura di Dybala era stata annullata da Sturaro a inizio ripresa.

Ora la classifica si fa interessante perché solo la Lazio perde quota mentre Sassuolo e Verona partecipano alla volata per la Champions. In zona retrocessione diventa drammatica la situazione di Torino, Genoa e Fiorentina, come le posizioni degli allenatori Giampaolo e Prandelli.

Su tutti i campi commozione per il ricordo di Paolo Rossi e suscita brividi riascoltare la voce di Martellini che ripete tre volte l’urlo 1982 ‘campioni del mondo’. Seconda vittoria consecutiva in campionato per la Juventus. Dura un tempo il fortino rossoblù costruito da Maran per provare a fermare l’imbattuta squadra di Pirlo. Nella ripresa i bianconeri, già padroni del campo, sfruttano due errori difensivi del Genoa per guadagnare due rigori trasformati in punti sonanti da Ronaldo, capocannoniere con Hibraimovic.

La scossa c’è stata e l’Inter ritorna a ringhiare secondo il volere di Conte. Anche a Cagliari riesce a farsi del male, ma non abbastanza da rovinarsi la vita. Dopo il flop Champions domina la gara, non concretizza e si ritrova sotto per uno spunto di Sottil fino a trequarti della gara. Poi ci vuole un gol d’autore del rimpianto ex Barella per riportare in quota l’Inter. Conte cambia molto, fuori Eriksen, entra D’Ambrosio che in 60” risolve la gara, poi allo scadere Cragno va in attacco e Lukaku entra in porta col pallone per un equo 3-1.

Anche il Napoli ha bisogno di prendere uno schiaffone per svegliarsi. Primo tempo abulico, con partenopei forse stanchi per la sfida con la Real Sociedad, che vanno sotto con la Samp per una bella conclusione di Jankto dopo un buco di Di Lorenzo. Poi Gattuso fa entrare Lozano e Petagna che ribaltano la gara e consentono al Napoli di restare terzo. La qualità della rosa alla lunga fa la differenza e la Samp torna a casa senza lasciarsi la faccia.

Una Roma spumeggiante maramaldeggia con un Bologna rimaneggiato che rischia un’imbarcata storica. Domina con Villar e Veretout a centrocampo, fa partire le frecce Karsdorp e soprattutto Spinazzola, Mikhtaryan e Pellegrini creano varchi per le incursioni di uno Dzeko determinante ma che si mangia vari gol. Tre gol in 15′, cinque in 44′ (l’ultima volta li aveva fatti 90 anni fa) con tre occasioni divorate fotografano il divario in campo. Dopo il flop col Napoli e la sfortuna col Sassuolo, Fonseca prosegue il suo percorso di alta classifica. Per il Bologna, troppo molle, ci vuole altro per portarsi stabilmente a centroclassifica.

Gasperini non cambia idea: fuori Gomez e Ilicic, ma l’Atalanta ci mette solo più tempo e per mettere al tappeto una Fiorentina sempre più nei guai. La sblocca Gosens al 44′, ma tutto nasce da una palla persa da un Vlahovic con poco nerbo. Poi gli schemi nerazzurri fluiscono in scioltezza e la gara va in archivio con una magica punizione di Malinovski e un colpo di testa di Toloi. Prandelli non riesce a incidere e ora la situazione si fa drammatica.ANSA

 

Il Milan rallenta ma non si ferma. A un passo dalla prima sconfitta negli ultimi nove mesi in campionato, riesce a strappare un 2-2 contro il Parma di Liverani, che a San Siro, come a fine ottobre con l’Inter, spreca un doppio vantaggio si fa raggiungere.
E’ Theo Hernandez l’uomo della provvidenza rossonera: al 14′ della ripresa trova il gol di testa, subito dopo il 2-0 del Parma, che ha colpito con Hernani e Kurtic in una delle poche sortite con cui ha rotto l’assedio rossonero. Poi nel primo minuto di recupero il terzino francese ha pareggiato i conti con un rasoterra velenoso, evitando una sconfitta che Pioli avrebbe potuto imputare alla mala sorte, con quattro legni colpiti (due nella stessa azione, tre da Calhanoglu), un gol annullato per un piede in fuorigioco e due infortuni (Gabbia e Bennacer). Caduto l’Atletico Madrid, il Milan resta l’unica imbattuta nei grandi campionati europei. Si allunga a 23 la striscia di risultati in Serie A fra questa e la passata stagione, ma soprattutto cresce il vantaggio sulle inseguitrici: +3 punti sull’Inter, +4 su Napoli e Juventus. “Prima o poi capiterà di perdere, non sarà un dramma. Siamo lì, non dico per caso, ma con aspettative iniziali diverse”, diceva il dt, spiegando che il Milan prima che allo scudetto deve pensare ad allontanare Lazio e Atalanta, concorrenti per un posto in Champions. Per ora si può continuare a segnare. L’ultima occasione in cui il Milan è rimasto imbattuto nelle prime 11 giornate ha poi vinto il campionato, nel 2004. La scalata è lunga e difficile, di sicuro farebbe comodo ritrovare già da mercoledì con il Genoa Ibrahimovic, la cui assenza si fa sempre più evidente. Questa volta si nota anche quella per febbre di Saelemaekers, che porta Pioli a spostare a sinistra Calhanoglu con in posizione di trequartista uno svagato Diaz. La seconda tegola arriva dopo nemmeno 3′, quando Gabbia (titolare al posto dell’infortunato Kjaer) si fa male (trauma contusivo distorsivo al ginocchio sinistro) e deve esordire in Serie A Kalulu. Lo battezza subito Gervinho, ubriacandolo di finte e servendo a Hernani l’assist per il vantaggio. Da quel momento comincia una sorta di assedio del Milan. A parte qualche palla persa di troppo, Pioli vede i suoi collezionare calci d’angolo (13-1) e occasioni, incluso il gol annullato a Castillejo dal Var per un piede in fuorigioco, e la rocambolesca azione in cui colpiscono l’incrocio dei pali in tre secondi Diaz e poi Calhanoglu, che subito sbatte sul legno anche su punizione. Rebic non si risparmia ma al centro dell’attacco non influisce come Ibrahimovic, anche perché Osorio e Bruno Alves riescono a limitarlo bene. In attesa dello svedese, Pioli ritrova Leao, dentro nella ripresa assieme ad Hauge al posto di Castillejo e Diaz. La maledizione rossonera sembra proseguire, perché al 6′ Calhanoglu colpisce ancora la traversa, all’11’ Kurtic fa 2-0 di testa e anche Bennacer esce acciaccato. L’antidoto questa volta si chiama Hernandez, che colpisce due volte e sventa il colpo del Parma ANSA

Pubblicato da Alessandro Lugli

Alessandro Lugli è nato a Napoli e ivi residente. Poeta, giornalista pubblicista e cantante. Direttore di vari blog da lui creati.