Calcio e cronaca

Nel prossimo mercato il Napoli completerà la rifondazione partita la scorsa estate. L’ammissione è arrivata anche dal ds Cristiano Giuntoli, in un’intervista Skype concessa qualche settimana fa a Sky. Non è un mistero che stavolta il restyling toccherà principalmente all’attacco: sono tante le questioni aperte e con ogni probabilità il reparto offensivo finirà per essere rivoluzionato.

L’addio già praticamente certo è quello di Josè Callejon, in scadenza a giugno e con la valigia già pronta per far ritorno in Spagna a chiudere la carriera. Difficile un ripensamento, nonostante la disponibilità di De Laurentiis a parlarne. Non a caso il Napoli s’è già mosso a gennaio con Matteo Politano, ma qualcos’altro farà a destra nel tridente. Rinnovo da sbrogliare è invece quello di Dries Mertens: sembrava fatto l’accordo dopo l’incontro sul lungomare con ADL, ma non è arrivata la firma ed il belga continua a guardarsi intorno. Del resto, dopo quanto accaduto un parametro zero del suo valore assume ancora più peso su un mercato che sarà incentrato più sulle idee che sui soldi.

In uscita c’è anche Arek Milik. Il polacco è in scadenza 2021, la richiesta d’ingaggio rende quasi impossibile un accordo ed in effetti sembra più un modo per chiedere la cessione. Del resto l’attaccante classe ’94 non ha mai potuto contare sulla titolarità ed a questo punto anche un eventuale addio di Mertens difficilmente potrebbe cambiare le carte in tavola. Al di là dei rumors sull’Atletico Madrid ed il Milan, l’ipotesi più concreta sembra la Bundesliga con lo Schalke – ma non solo – che lo segue da tempo e che potrebbe avvicinarsi ad una proposta di 35-40mln di euro, considerando il contratto in scadenza ed un ribasso generale dopo il Coronavirus. Via anche Fernando Llorente, mai realmente preso in considerazione da Gattuso e che numericamente verrà sostituito da Petagna, già acquistato a gennaio. Per sostituire Milik invece i nomi più chiacchierati sono quelli di Jovic del Real Madrid, Azmoun dello Zenit e Belotti del Torino, ma il mercato al momento sembra lontanissimo ed indecifrabile.-tuttonapoli.net-

 

Era gennaio. Il Coronavirus viveva confinato nelle voci dei telegiornali di cronaca estera, il calciomercato andava veloce così come il pallone che scorreva regolarmente. In quella sessione di mercato il Napoli ufficializza due colpi anticipati, andando a prelevare Amir Rrahmani dall’Hellas ed Andrea Petagna dalla Spal, per poi girarli in prestito semestrale alle stesse squadre per permettergli di completare il campionato.

Due acquisti che ora restano sospesi nel tempo, in attesa di capire come si svilupperanno i calendari. La Fifa ha già aperto alla strada di prolungare tutti i contratti in scadenza al 30 giugno, ma resta da capire effettivamente se e quando la ripresa avverrà e come si pensa di gestire tutto questo tipo di contrattualistica.

È più che probabile che il difensore e l’attaccante, così impazienti di vestire l’azzurro, dovranno attendere ancora un po’ perché il loro trasferimento sia effettivo. Il Coronavirus ha messo in stand-by le aspettative di tutti, non fanno eccezione nemmeno i sogni di gloria dei calciatori…tuttonapoli.net-

 

Se c’è una piccola possibilità di rivedere una partita di calcio, questa esiste nei campionati nazionali. Lo scenario europeo, infatti, mostra segnali inequivocabili che la Uefa dovrà presto accettare. Non solo non esistono le condizioni per riprendere gare che prevedono spostamenti da una nazione all’altra, ma la diffusione a macchia d’olio con tempistiche differenziate (e reazioni politiciche differenziate) fanno si che ci saranno paesi che usciaranno prima dall’incubo del Coronavirus, ed altri che ne usciranno più tardi.

Difficile dunque immaginare che Champions League ed Europa League possano tornare a breve per completare le fasi finali di manifestazioni che, in questo momento, rischierebbero di compromettere il lavoro fatto dai singoli stati in materia di distanziamento sociale per il contenimento della pandemia. La priorità va dunque data ai campionati nazionale, ove possibile, predisponendo preventivamente tutte le misure per garantire la sicurezza dei calciatori e di tutto ciò che si muove attorno ad una squadra di calcio. Solo successivamente, magari con una formula riveduta, si potrà pensare di chiudere Champions ed Europa League e ciò avverrà non prima di agosto…tuttonapoli.net-

 

Arkadiusz Milik, da erede di Higuain a partente di lusso. Così titola il portale Sportmediated, che prova a tracciare il futuro del bomber lontano, sempre più lontano da Napoli: “Con Carlo Ancelotti sembrava rinato – si legge – ma nell’ultimo anno è tornato in discussione, al punto che questa estate potrebbe partire. Il polacco non è infatti convinto di restare, malgrado il presidente Aurelio De Laurentiis voglia rinnovargli il contratto, al punto da apporre una clausola rescissoria di 100 milioni di euro per chi intenda assicurarsi le prestazioni del polacco”.-tuttonapoli.net-

 

In diretta su Radio Punto Nuovo, è intervenuto Giancarlo Dotto, giornalista de Il Corriere dello Sport: “Eusebio meglio di Cristiano Rolando in Portogallo? Eusebio, povero ragazzo del Mozambico è stato sempre un esempio per la sua comunità, Cristiano Ronaldo continua a sottolineare quanto sia privilegiato rispetto al mondo. Un po’ come accaduto in Brasile nella storia di Garrincha e Pelè, i brasiliani amano molto più Garrincha che Pelè, esattamente come Eusebio e Cristiano Ronaldo. Gestione Cristiano Ronaldo sbagliata? Direi di sì, rappresenta una sorta di incidente necessario a questo giocatore è stato concesso di tutto”.-tuttonapoli.net-

 

“Lotito vuol tornare a giocare? Raglio d’asino non giunge in Paradiso, si dice: io ascolto solo chi è degno di essere ascoltato. Tra l’altro non so nemmeno se rappresenti la Lazio visto che del club è solo presidente del comitato di gestione”. Così aveva parlato nella giornata di Pasqua il patron del Brescia Massimo Cellino, attaccanto Lotito e la Lazio. Pronta la risposta Arturo Diaconale, responsabile della comunicazione della Lazio, tramite la sua pagina Facebook: “Decisamente stupefacenti, nel senso che suscitano stupore per la loro ingiustificata gravità, le dichiarazioni rilasciate dal presidente del Brescia, Massimo Cellino, in una intervista al quotidiano della propria città, in cui ha aggredito Claudio Lotito, che a suo parere non rappresenterebbe la Lazio visto che del “club è solo il presidente del Comitato di Gestione” e con cui non vuole neppure parlare visto che “io ascolto solo chi è degno di essere ascoltato”.
“Raglio d’asino – ha detto testualmente – non giunge in Paradiso”.
Purtroppo per lui, però, il raglio d’asino che non può giungere in Paradiso sembra essere proprio il suo. Non solo perché ignora il sistema duale di gestione societaria e non tiene conto che la S.S. Lazio è una società quotata in Borsa e che la maggioranza del suo pacchetto azionario è detenuta dal presidente Lotito. Ma soprattutto perché se oltre a ragliare si mette anche a scalciare in maniera violenta e scoordinata dimostra di essere lui stesso un asino patentato che ha difficoltà a discutere in maniera civile e composta in un momento in cui la gravità della crisi imporrebbe un comportamento più misurato e responsabile.
Naturalmente si comprende perché mai Cellino sia così irritato e nervoso nell’insistere sulla sua richiesta di bloccare il campionato e cristallizzare la classifica scongiurando l’ipotesi della caduta in serie B per la sua squadra. Ma per evitare una eventualità del genere (di cui Cellino dice non essere spaventato in quanto certo di un immediato ritorno della sua squadra nella serie superiore) è proprio necessario ragliare e scalciare in maniera così scomposta da rendere fin troppo evidente che per lui Lotito è solo un pretesto per nascondere il timore di dover piegare la testa alla legge dello sport, quella secondo cui i risultati validi sono quelli espressi dal campo e non dalle interviste?-tuttonapoli.net-

 

In diretta a ‘Punto Nuovo Sport Show’ è intervenuto Umberto Chiariello, giornalista, con il suo EditoNapoli: “Al di là dell’imbarazzo di De Laurentiis nel sapere che Giuntoli e Gattuso si offrono di ripianare le perdite dei dipendenti in cassa integrazione, la seconda cosa che si evidenzia oggi è la frenata su Mertens. In questi giorni Sky sta facendo vedere tutti i gol di Insigne e Mertens, 121 gol straordinari pochissimi sono banali. Vederli duettare è una delizia per gli occhi, uno non ha neanche 30 anni, l’altro ne ha 33. Davvero vogliamo perdere Mertens per andare incontro ad avventure? Sono perplesso, capisco che bisogna temporeggiare, De Laurentiis è un imprenditore molto lucido, è molto più freddo nell’agire che nel pensare. Su Mertens si sta facendo un errore clamoroso”.-tuttonapoli.net-

 

 

MILANO – Riaprire le scuole a settembre: è l’auspicio di Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità.

“Personalmente penso che si possa fare una riflessione per posporre la riapertura delle scuole al prossimo anno”, ha detto il numero uno del Css intervenendo a Che tempo che fa su Rai2, ospite di Fabio Fazio. Ma la decisione, ha precisato, “spetta al governo”.

Riaprire senza far riesplodere l’epidemia da coronavirus è “situazione critica e delicata”, ha aggiunto Locatelli, secondo il quale lo studio di sierovalenza “è assolutamente fondamentale” per acquisire informazioni su quanta popolazione abbia acquisito anticorpi.

“Quello che mi preoccupa di più al momento – ha avvertito Locatelli – è se si abbandonano i comportamenti individuali che ci hanno portato a limitare il numero dei ricoverati e ridurre il numero dei morti. Se chiudere le attività produttive e attuare il distanziamento sociale e la limitazione delle libertà personali è stato doloroso, riaprire senza che il Paese torni nell’emergenza è un’operazione delicata”. (Fonti: Agi, Che tempo che fa)

 

MILANO – Annunciati, i controlli delle forze dell’ordine a Milano nel giorno di Pasqua sono arrivati massicci: 10.319 le persone fermate, 487 quelle sanzionate con multe nell’ambito delle verifiche per il contenimento della diffusione del coronavirus. Una persona è stata denunciata per false dichiarazioni.

Sono stati anche controllati 1.704 esercizi commerciali e nessun titolare è stato denunciato. In totale, dunque, ci sono stati circa 12mila controlli nel capoluogo lombardo.

I dati della Polizia locale di Milano e della Prefettura, “relativi alle altre forze di Polizia, dimostrano che la grandissima maggioranza dei cittadini che sono in giro per la città sono in giro per lavoro. Io vorrei che questo fosse chiaro”. Lo ha sottolineato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, nel video che ogni giorno posta sulle sue pagine social e che oggi ha dedicato ai controlli realizzati dalla Polizia locale in occasione di Pasqua e di Pasquetta.

Secondo i controlli della Polizia locale i cittadini che sono fuori casa senza un valido motivo sono il 5%. Sala ha parlato dalla Centrale operativa dei vigili di Milano dove “si controlla normalmente soprattutto il traffico ma di traffico ce n’è ben poco, per cui ad oggi si controlla il rispetto delle ordinanze e si gestisce il pronto intervento”, ha concluso.

Il comandante della Polizia locale, Marco Ciacci, ha spiegato che “della gente in giro effettivamente c’è ma i controlli dimostrano che le persone che fermiamo sono quasi tutte in regola, la percentuale di gente che non è in regola è veramente bassa, quasi il 5%. Sono persone autorizzate per lavoro ed altre esigenze, principalmente lavoro, che si muovono per dare servizi alla città”. (Fonte: Ansa)

 

TARANTO – Preoccupazione tra i lavoratori dell’impianto siderurgico ArcelorMittal, ex Ilva, di Taranto a causa di un nuovo, per ora sospetto, caso di coronavirus e della possibile catena di contagi che potrebbe aver determinato.

Un dipendente diretto dell’azienda, addetto ai convertitori dell’acciaieria 2, è da domenica all’ospedale Moscati di Taranto (presidio Covid 19 su scala provinciale) dove ha effettuato il tampone.

Il lavoratore, apprende AGI da Vincenzo Laneve, coordinatore di fabbrica Fim Cisl, è andato in stabilimento nel primo pomeriggio di sabato per il secondo turno. Tornato a casa a Massafra, un Comune della provincia, ha accusato malore e febbre. Di qui il trasporto al Moscati. Il tampone è stato effettuato anche ai colleghi di lavoro in squadra con lui, altre otto persone, e ora si attendono gli esiti.

Ed è la Fim Cisl a comunicare in fabbrica il caso sospetto. “Ci teniamo a informarvi – si legge nella comunicazione sindacale ai lavoratori dello stabilimento – che c’è un caso sospetto Covid presso i convertitori di acc2. Al lavoratore in questione, è stato fatto il tampone e siamo in attesa del risultato”.

“L’ azienda – afferma la Fim Cisl – in via precauzionale ha messo in campo tutte le contromisure necessarie previste nei casi in cui ci siano sospetti o casi accertati di Covid, intervenendo con la sanificazione di tutti gli ambienti in cui è transitato il lavoratore (spogliatoio, refettorio, bagni e posto di lavoro)”.

Appena qualche giorno fa è tornato a casa, guarito, un altro dipendente ArcelorMittal ricoverato al Moscati a causa del coronavirus. Si tratta di un addetto al reparto Pgt, Produzione gas tecnici, che aveva accusato febbre mentre era sul posto di lavoro. Era stato fatto tornare a casa in taxi e nelle ore successive al rientro portato al Moscati per gli accertamenti.

Qualche giorno dopo, nello stesso reparto Pgt, è emerso un secondo caso. Si è però trattato di un lavoratore asintomatico che sta effettuando a casa la quarantena. Effettuati, nel frattempo, i tamponi anche ai colleghi che erano in postazione con i due risultati positivi.

Il segretario Uilm Taranto, Antonio Talò, sollecita “un termoscanner ad ingresso; mascherine (ancora oggi scarse); tampone ed esame sierologico a campione sino a quando non sarà possibile farlo per tutti. Bisogna usare il massimo in materia di sicurezza sanitaria presente oggi – afferma Talò -. È assurdo aspettare il caso è limitarsi alla doverosa cura, ricostruire la catena di contatti e lasciarli in quarantena, senza intervenire con il tampone per assicurarsi del non contagio”. Circa il reparto Pgt dei primi due casi, Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil Taranto, ha invece lamentato l’esclusione dei controlli di una serie di lavoratori e tecnici passati da quel reparto prima e dopo il caso del 27 marzo. (Fonte: Agi)

 

ROMA – “Ho avuto tanti contatti con amici italiani, tutti quanti stanno abbastanza bene. Uno è stato anche contagiato dal virus, ma per fortuna sta bene”.

Karl-Heinz Rummenigge, amministratore delegato del Bayern Monaco, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, fa il punto della situazione:

“Fino al 13 marzo andava tutto bene – ricorda -eravamo in corsa in tutte le competizioni: in testa al campionato, in semifinale di Coppa e in Champions avevamo vinto 3-0 all’andata con il Chelsea. Poi da un giorno all’altro è arrivata la nebbia sia nella vita che nel calcio”.

L’ad del Bayern ha detto la sua sulla conclusione della stagione: “Deve essere portata a termine. Per due motivi: il primo riguarda il lato sportivo, perché vanno definite le classifiche. Siamo alla 26esima giornata, ne mancano nove, vanno decisi i verdetti, dallo scudetto alle retrocessioni e promozioni”.

“Poi – continua – c’è il lato più importante, l’aspetto economico. Tutti quanti in Europa scontiamo il fatto che l’incasso è proprio zero. Abbiamo delle spese alte, soprattutto per il salario dei giocatori. Spero che si finiscano e che si debbano finire tutte le competizioni”.

“Se non si finisce oltre 30 giugno – spiega – dobbiamo continuare a luglio e al limite anche in agosto. Dobbiamo finire la stagione, è un dovere per tutti”.

Capitolo stipendi.

“La società ha chiesto ai giocatori di rinunciare al 20% del compenso nel mese di aprile, hanno accettato. Serve solidarietà e unione”.

Come tra i grandi club europei:

“Ho sentito Andrea Agnelli, presidente dell’Eca, quando era in quarantena, quando l’Europeo doveva essere spostato da questa estate alla prossima. Poi non più, ma non c’è problema – spiega Rummenigge – dobbiamo pensare a come le grandi possano dare una mano al calcio europeo, in qualsiasi modo, perché il problema tocca tutto l’ambiente, mette in difficoltà grandi, medie e piccole società”.

Fonte: La Gazzetta dello Sport.

 

ROMA – Il calciatore della Juventus Aaron Ramsey, via Instagram, rivela di non riuscire a smettere di… mangiar biscotti.

“Non è un periodo facile – spiega -. Io sto facendo tutti gli esercizi che mi ha dato il club a casa, ma non è la stessa cosa di allenarsi con i compagni sul campo. Durante la stagione non ho paura di ingrassare, ora invece…”.

Ora invece Ramsey passa le sua giornate a casa… tra mille tentazioni: “Mia moglie è un’ottima cuoca e a me piace mangiare bene, quindi è un problema. In più, ci sono i biscotti. Vedete, io amo farmi il tè e se prima era un rito occasionale e veloce, oggi sta diventando un’abitudine”.

“Il problema – spiega – è che ogni volta che mi faccio una tazza, mangio anche i biscotti. Non ce la faccio a resistere”. I preparatori della Juve saranno contenti? Forse no. “Per fortuna – dice il calciatore – sembra che tra poco potremo tornare ad allenarci con la squadra”.

“La situazione – continua – è pazzesca e ancora non si sa quando finirà tutto questo, ma se penso al mio lavoro, davanti abbiamo ancora tutti gli obiettivi per cui sono venuto qui: vincere il campionato e la Champions”.

Fonte: Instagram, La Gazzetta dello Sport.

 

CAGLIARI – “Il ricordo più bello della mia storia di calciatore”. Il riferimento è alla vittoria con il Bari e alla conquista matematica dello scudetto: 12 aprile 1970, mezzo secolo fa.

E le parole sono di Gigi Riva, il bomber. Del Cagliari e della Nazionale (vanta ancora il record di tutti i tempi, 35 gol in 42 presenze in azzurro).

In realtà Rombo di tuono, di quell’impresa che ha cambiato il calcio portando il tricolore per la prima volta a sud di Roma, se ne è accorto davvero il giorno dopo.

“Il mattino successivo a quella partita – racconta in esclusiva all’ANSA – è stato forse ancora più bello. Bello perché dopo il Bari ci sembrava di sognare.

Ma quando ci siamo svegliati ci siano davvero resi conto di quello che avevamo fatto. L’abbiamo capito solo allora.

Era lunedì: non c’era allenamento, ma con la squadra e Scopigno, che la sera doveva partire a Roma, ci siamo trovati all’Amsicora.

Vuoto, mentre 24 ore prima era stracolmo. Lì, nel silenzio, ci siamo guardati in faccia. E abbiamo realizzato che era tutto vero”.

Prima, anche quando la squadra era in testa alla classifica, la parola scudetto era quasi tabù.

“Non ne parlavamo mai – confessa Riva al telefono dalla sua casa a Cagliari – noi giocavamo tranquilli. Ma pur rendendoci conto che stavamo andando veramente forte continuavamo a fare finta di niente, era il nostro modo di vivere quel momento”.

Il giorno di Cagliari-Bari anche Scopigno si accorse che quella non era una partita qualsiasi.

“Di solito – racconta Riva – non parlava mai con la squadra prima della partita. Quel giorno però fece un’eccezione. Con calma ci disse: ragazzi, siete arrivati sino a questo punto. Vedete un po’ voi cosa dovete fare”.

Davanti a lui c’era un Riva che la notte prima non aveva chiuso occhio.

“In realtà prima di ogni partita non riuscivo mai a dormire. Anche quella notte fu così, volevo riposare ma non ci riuscivo”.

E l’alba fu quasi una benedizione.

“Avevamo l’appuntamento con i compagni come al solito al ristorante Corallo – racconta – poi ci siamo avviati verso lo stadio. Si avvertiva che c’era qualcosa di speciale, ma eravamo tranquilli. Io, nonostante la notte insonne, stavo bene, mi sentivo carico”.

Poi, dopo il colloquio con Scopigno, l’uscita dagli spogliatoi:

“Mi ricordo un pubblico spettacolare, migliaia di persone che chiedevano una sola cosa.

La verità? No, non eravamo nervosi. Abbiamo fatto la nostra solita partita con la nostra solita mentalità. L’abbiamo condotta senza intoppi e sorprese. E sono arrivati i gol”.

Uno suo, naturalmente. E l’altro di Bobo Gori. Serviva anche un altro risultato, però: il tricolore “matematico” era legato alla partita dell’Olimpico.

“Noi non stavamo pensando ad altro che a giocare e vincere – ricorda Riva – non ci importava sul momento di quello che succedeva altrove.

Ma come stavano andando le cose tra Lazio e Juventus lo capivamo dalla panchina e soprattutto dal rumore che faceva il pubblico”.

Poi il fischio finale:

“È stato come un sogno, ci abbracciavamo tutti e ci riabbracciavamo. Eravamo una sola cosa, chi giocava e chi giocava di meno.

Quando siamo scesi negli spogliatoi c’era Scopigno in lacrime. E il pubblico era in estasi. Io penso che nessuno di quelli che era lì quel giorno, possa mai dimenticarsi di quello che è successo in quella partita”.

Rimane il giallo della maglietta numero 11 del giorno dello scudetto.

“L’ho data a Loseto – svela Riva – il giocatore che mi marcava: glielo avevo promesso quando stavamo entrando in campo”.

Proprio quel Loseto che all’andata lo aveva lasciato senza gol, a Bari. Poi una festa che non finiva in più in mezzo a una città che era scesa in strada e non ne voleva sapere più di tornare a dormire.

“Una festa piena di gioia – ricorda ancora Rombo di Tuono – bella anche perché i tifosi del Cagliari si comportarono splendidamente.

A noi sembrava di vivere un sogno, in quel momento non ci rendevamo conto di nulla. Andammo a cena, poi finimmo la serata a casa di Arrica (il vicepresidente, il vero artefice dell’acquisto di Riva pochi anni prima, ndr)”.

Lo scudetto a Cagliari, qualcosa di incredibile.

“No, anche quando le cose stavano andando bene era un pensiero lontano dalla nostra immaginazione. Io ero solo un ragazzo che arrivava da Leggiuno, lontanissimo, per giocare in serie B.

Siamo saliti in A, ma lo scudetto era qualcosa di impensabile. Non preventivato, nemmeno quando è iniziata la stagione che ci ha portato al primo posto.

E invece lo scudetto è arrivato. Una soddisfazione immensa conquistata grazie al nostro carattere e al nostro temperamento. Un campionato che abbiamo meritato di vincere. Indimenticabile” (fonte Ansa, articolo DI STEFANO AMBU).

Pubblicato da Alessandro Lugli

Alessandro Lugli è nato a Napoli e ivi residente. Poeta, giornalista pubblicista e cantante. Direttore di vari blog da lui creati.