Fra calcio e cronaca

Benevento e Juventus 1-1 (1-1) nel secondo anticipo della 9/a giornata di Serie A disputato allo stadio Ciro Vigorito di Benevento.

Benevento-Juventus 1-1 finale: Morata al 21′ pt, Letizia al 48′ pt. Montipo’ nega a Dybala il gol vittoria nei minuti conclusivi.

Benevento-Juventus 1-1 fine pt: Morata al 21′, Letizia al 48′.

I bianconeri falliscono il raddoppio e vengono puniti nel recupero.

Benevento-Juventus 1-1: al 48′ pt Letizia, sugli sviluppi di un’azione da corner, colpisce al volo e in diagonale sorprende tutti. A

Benevento-Juventus 0-1: al 21′ pt Chiesa sventaglia sulla fascia opposta per Morata, finta e controfinta su Ionita e sfera in rete.ANSA

 

Inter batte Sassuolo 3-0.

IL MATCH

Al 4′ – Passaggio di Lautaro Martinez per Alexis Sanchez che insacca all’angolino basso di sinistra alle spalle di Andrea Consigli.

Al minuto n.10, il calcio si ferma. E’ L’omaggio alla memoria di Diego Maradona di Sassuolo e Inter, che bloccano la partita al Mapei Stadium nell’anticipo della nona giornata di A.

L’immagine del campione argentino, morto a 60 anni mercoledi’ scorso, sono state proiettate sul maxischermo e a quel punto le due squadre, che giocano col lutto al braccio e hanno osservato 1′ di silenzio all’inizio come disposto dalla Lega di A, hanno fermato il gioco, ripreso poco dopo.

Al 14′ – Autogol di Vlad Chiriches (Sassuolo) che nel tentativo di respingere un cross nell’area piccola spedisce il pallone alle spalle del portiere.

Al 60′ – Gol di Roberto Gagliardini su passaggio di Matteo Darmian ANSA

 

Verona batte Atalanta 2-0 in un anticipo della nona giornata del campionato di serie A, giocato a Bergamo.

Atalanta-Verona 0-2 finale: Veloso 17′ st (r), Zaccagni 38′ st. Occasioni: Toloi, Veloso (traversa), Zapata, Di Carmine, Muriel.

Atalanta-Verona 0-2: al 38′ st Veloso lancia Zaccagni, splendido controllo di tacco e poi destro a giro per infilare Sportiello.

Atalanta-Verona 0-1: 17′ st Veloso spiazza Gollini e insacca dal dischetto.

Rigore concesso per fallo di Toloi ai danni di Zaccagni.

Atalanta-Verona 0-0 fine pt: i padroni di casa comandano il gioco, i veneti concedono pochissimo. Occasioni: Ilicic 18′, Gomez 33′.ANSA

 

“Nel 2021, probabilmente a maggio, entrerà in funzione la Linea 6 della metropolitana nella tratta Riviera di Chiaia-Fuorigrotta (fermata Mostra d’Oltremare).
Abbiamo deciso di intitolare la fermata: Mostra-Maradona (è la stazione per recarsi allo stadio comunale Diego Armando Maradona).

Ed anche perché all’interno della stazione allestiremo una mostra dedicata a #maradona ed al Napoli. Così avremo un’altra stazione dedicata all’arte…questa volta del calcio.” Lo scrive su Facebook il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris (ANSA).

“Siamo una squadra che continuerà a combattere, la concentrazione deve rimanere alta”: così Matthijs de Ligt sul proprio profilo Instagram dopo il deludente pareggio della Juventus contro il Benevento. “Testa alta, sappiamo che l’unico modo è lavorare duro ogni giorno” la ricetta di Leonardo Bonucci, tornato a disposizione, ma rimasto in panchina per 90 minuti al Vigorito.

“Non è il risultato che volevamo, ora è il momento di prepararsi per mercoledì e concentrarci per tornare a vincere”, commenta Aaron Ramsey, titolare a Benevento ma non particolarmente ispirato. (ANSA).

 

Reduce dal successo sull’Inter a San Siro in Champions League, il Real Madrid torna a soffrire in campionato, perdendo 2-1 in casa per mano dell’Alaves. E’ la terza sconfitta in Liga per la squadra di Zinedine Zidane, che dopo dieci partite accusa già un ritardo di sei punti dall’Atletico Madrid, che oggi ha vinto a Valencia ed ha giocato una gara in meno.

 

Privi ancora di Sergio Ramos e Benzema, le merengue hanno subito la prima rete al 5′ su rigore trasformato da Perez (5′) e la seconda a inizio ripresa a causa di un errore di Courtois che ha regalato palla a Joselu per il raddoppio. Arrivata solo al 41′, la rete di Casemiro è risultata inutile.
L’Atletico ha vinto 1-0 a Valencia grazie ad una autorete di Lato nel finale mentre il Siviglia, in un altro incontro del pomeriggio, si è imposto con lo stesso risultato sul campo dell’Huesca con una rete di En Nesyri. (ANSA).

 

Il Piemonte passa dalla zona rossa a quella arancione e le strade di Torino si affollano, con veri e propri assembramenti. È bastato che i negozi rialzassero le serrande per vedere le vie del centro cittadino piene di gente e lunghe code sui marciapiedi, senza rispetto del distanziamento.
In via Lagrange molti clienti anche davanti ai bar per le consumazioni da asporto come non avveniva nelle scorse settimane. “Per noi è puro ossigeno” dicono i gestori di un negozio di abbigliamento in una traversa della centralissima via Roma. Tanti commercianti hanno riaperto con sconti e promozioni prolungando così il ‘Black Friday’ e attirando i clienti. “Approfitto degli sconti anche per gli acquisti di Natale, non si sa mai che richiudano tutto” spiega una signora in fila per entrare da ‘Kasanova’. “Questa mattina c’era gente già fuori ancora prima dell’apertura e nella prima mezz’ora abbiamo battuto molti scontrini e riempito buste”, confermano da ‘Zara’ in via Roma.

Da oggi la regione insieme a Lombardia e la Calabria lascia la zona rossa di massime restrizioni anti-Covid. Dall’arancione al giallo passano invece Liguria e Sicilia, sempre per effetto dell’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza, visti i dati del monitoraggio settimanale analizzati dalla Cabina di regia.

 

L’Italia cambia insomma di nuovo colore e con esso il grado di limitazioni dei cittadini e delle attività economiche nei diversi territori. Restano rosse Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Toscana, Abruzzo e Campania; arancioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Basilicata e Puglia; gialle Veneto, Provincia autonoma di Trento, Lazio, Molise e Sardegna.

Le decisioni sono effetto di un indice di trasmissibilità del virus (Rt) appena sopra la soglia di sicurezza di 1, ma con valori medi tra 1 e 1,25 nella maggior parte delle Regioni e Province autonome (nella settimana 4-17 novembre, calcolato su casi sintomatici).ansa

 

“Chiamerò il Presidente della Repubblica per chiedergli se è normale che tutta la prossima settimana la Camera sia bloccata dai decreti sicurezza da cancellare: non mi sembra che riaprire ora i porti sia l’urgenza del Paese”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini, a “Il caffè della domenica” su Radio24.

“Il dibattito sul Mes – ha detto in un’altro passaggio dell’intervista – non interessa nessuno. Conte dice che non serve, i 5 stelle lo stesso e pezzi di Pd anche: a chi serve? Il mio problema è garantire un natale sereno agli italiani non litigare con tizio o caio su un trattato che non interessa a nessuno in Europa”.

E ancora: “Il rimpasto? Evidentemente la maggioranza si rende conto di non avere una squadra all’altezza, che non è in grado di gestire l’emergenza.

Immagino sia per questo che pensano a cambiare la squadra. Ma spero che non sia il dibattito delle prossime settimana perché’ io vorrei parlare invece di soldi e di salute”.ansa

 

Sale a tre il bilancio delle vittime dell’alluvione di questa mattina a Bitti, in provincia di Nuoro. Un uomo è stato travolto dall’acqua mentre era a bordo del suo fuoristrada.La seconda vittima sarebbe un anziano, annegato in casa. La terza vittima è una delle due persone date per disperse, ma non è stato ancora precisato se si tratta della donna anziana di cui non si hanno più notizie da ore.

Il paese – già colpito all’alluvione del 18 novembre 2013 con una vittima (un allevatore travolto dalla furia dell’acqua e del fango il cui corpo non è stato mai ritrovato) – è isolato da ore. I tecnici dell’Enel sono riusciti a superare una frana e ad arrivare nel centro abitato per la riparazione del guasto che ha fatto saltare l’elettricità e l’uso dei cellulari che per ore ha impedito la comunicazione. In prima fila il sindaco del paese Giuseppe Ciccolini che con le forze della Protezione civile, i vigili del fuoco, i volontari, i barracelli e le forze dell’ordine sta coordinando le operazioni di soccorso.

Oltre a Bitti, si vivono ore di apprensione anche a Galtellì, uno dei paesi della valle del Cedrino, dove stanno arrivando grosse portate d’acqua dalla diga di Preda Othoni. Il sindaco Giovanni Santo Porcu ha disposto l’ evacuazione di 150 persone che vivono nella parte bassa del paese, che sono state trasferite in delle strutture comunali. L’argine del Cedrino è occupato dall’esondazione del rio Sologo e le previsioni per il pomeriggio non sono rosee.

“Stiamo monitorando la situazione ma prima di tutto stiamo cercando di tutelare l’ incolumità pubblica, con la speranza che le grosse portate d’acqua in arrivo nel pomeriggio vengano scaricate a mare – ha detto all’ANSA il sindaco Porcu – L’auspicio è che la forte mareggiata che arriva dal mare permetta il deflusso delle acque. Stiamo lavorando per assistere le persone trasferite nella struttura comunale nella parte alta del paese e lo stiamo stiamo facendo con le forze della Protezione civile, i barracelli, le forze di Polizia, Vigili del Fuoco e i vigili urbani”. E c’è preoccupazione anche a Torpè, dove la portata della diga Maccheronis è al massimo e il peggio – secondo l’allerta meteo – deve ancora arrivare nel pomeriggio. I sindaci invitano la popolazione a non uscire di casa e non mettersi in viaggio.

Come era previsto dall’allerta rossa diramata dalla Protezione civile, gran parte della Sardegna si è svegliata sotto piogge abbondanti e sferzata da venti di burrasca. Violenta grandinata e forte vento anche su Cagliari e hinterland. Mareggiata al Poetto. Situazione simile anche a La Maddalena spiaggia, nel comune di Capoterra. ansa

 

Coronavirus, bollettino 28 novembre: 26.323 nuovi casi, 686 morti. Giù rapporto test-positivi.
In significativo calo i nuovi casi di coronavirus in Italia: oggi, 28 novembre, sono 26.323 contro i 28.352 di ieri, e con un numero di tamponi superiore a quello di ieri, 225.940 contro 222.803. Il rapporto positivi-tamponi scende a 11,27% contro il 12,7% di ieri. Ancora alto il numero di decessi, 686, ma in numero inferiore a ieri, 827, per un totale di 54.363.

Si conferma il calo dei ricoveri: quelli in regime ordinario sono 385 (ieri 354 in meno) e scendono a 33.299, mentre le terapie intensive calano di 20 unità (ieri -64), e sono 3.76.

In significativa crescita i guariti, sono 24.214 ma in numero che non supera i nuovi casi odierni, come invece era avvenuto ieri con ben 35.467 guariti in una giornata che registrava 28.352 casi. Il totale degli attualmente positivi è 789.308. Di questi, sono in isolamento domiciliare 752.247 (ieri erano 750.427). Il numero totale di tamponi finora effettuati ammonta a 21.637.641, quelli testati sono 12.842.250.

La situazione nelle Regioni
La regione con più casi resta ancora una volta la Lombardia (+4.615, ieri 5.389), seguita ancora dal Veneto (+3.498, ieri +3.418), quindi Campania con +2.729 (ieri +2.924), Emilia Romagna con +2.172 (ieri +2.165), Piemonte con +2.157 (ieri +3.149), Lazio con +2.070 (ieri +2.276), per restare alle regioni con oltre 2mila nuovi casi. Il totale dei contagi dall’inizio dell’epidemia si attesta a 1.564.532. (fonte AGI)

 

Covid, iniziata la flessione della curva. Iss: “Ma in alcune regioni stanno ancora salendo contagi”.
“La curva sta decrescendo sia per i casi Covid sintomatici che per i casi positivi in genere. Ma la situazione è un po’ a metà. Ci sono delle Regioni dove negli ultimi 15 giorni c’è una decrescita, e alcune che invece mostrano una crescita. Abbiamo ancora un’incidenza piuttosto elevata, 321 casi per 100mila nei 7 giorni” ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, nel punto stampa al ministero sul Monitoraggio Regionale della Cabina di Regia.

“L’età mediana” dei casi in Italia è “intorno a 48 anni”. Questo indica che sono sempre più anziani a contrarre l’infezione. Da qui l’importanza di proteggere queste categorie. Per i deceduti l’età media supera gli 80 anni.

I dati dell’epidemia migliorano, “ma non dobbiamo assolutamente rallentare le misure e rilassarci. Il sovraccarico è ancora alto in moltissime regioni” continua Brusaferro. “La curva si appiattisce ma è ancora molto significativa – ha ribadito – e se non decresce molto rapidamente diventa un fattore critico. Bisogna continuare a ridurre drasticamente le interazioni fisiche e le occasioni di aggregazione“.

Cala rischio saturazione terapie intensive
“La curva dei ricoveri comincia ad andare verso l’appiattimento. E’ un dato importante, abbiamo sempre detto che il primo segnale di inversione è l’indice Rt, poi i casi sintomatici, il terzo segnale è l’occupazione dei posti letto e purtroppo l’ultimo è quello dei decessi, ancora molto elevato. Anche rispetto ai segnali di saturazione la curva si sta appiattendo” ha aggiunto Brusaferro.

“Quasi tutte le regioni hanno messo in campo delle risorse tali per cui oggi possiamo vedere una decrescita della probabilità di completa saturazione delle terapie intensive. È un segnale molto positivo, riguarda la capacità di risposta del nostro Paese”. (fonte agi, video Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev)

 

Maradona a Napoli. Intervista a Luca Ferlaino: dalla vera storia del suo arrivo in Italia agli sfottò a Bianchi in allenamento…
Vivere Maradona a Napoli da vicino, ogni giorno. Non sono in molti ad aver avuto questo privilegio. Ma se sei il figlio del presidente che l’ha portato in Italia, qualcosa da raccontare ce l’hai. Luca Ferlaino è uno dei figli di Corrado, il presidente che portò il Pibe de Oro in Italia e con cui ha vinto 2 Scudetti e 1 Coppa Uefa. Luca Ferlaino è il fondatore di Socialcom, un’agenzia di comunicazione molto attiva nel settore dei new media e della digital communications. BlitzQuotidiano l’ha intervistato in esclusiva.

Luca Ferlaino e la vera storia dell’arrivo di Maradona a Napoli
Luca Ferlaino aveva solo 14 anni quando Maradona arrivò in Italia, ma ricorda nitidamente il primo incontro. Tutto nasce dalle voci sulla lunghissima trattativa di cui ormai si parlava da tempo. “Fu una trattativa molto lunga. La sera prima di incontrarlo venne fuori che tutto era saltato, e anche mio padre credeva che fosse finito il sogno. Invece la sera dopo, io avevo 14 anni, papà mi disse: “Scendi Luca, che ti devo presentare una persona“. Eravamo a Capri e quando entrai in questo albergo in zona centrale, beh, nell’albergo c’era Maradona. Quando ci fu la presentazione ufficiale, tutti pensavano che venisse da Barcellona. E invece era a Capri”.

Ferlaino Jr ricorda che tutto questo probabilmente non sarebbe stato possibile senza la “genialata della busta bianca di mio padre”. L’episodio è stato raccontato qualche anno fa dall’ex presidente in persona. Il calciomercato era agli sgoccioli e mancava ancora il contratto firmato da Maradona. Ferlaino si reca negli uffici della Lega Calcio a Milano e consegna una busta vuota (facendo presumere di aver depositato il regolare contratto). Poi vola a Barcellona, fa firmare Maradona e torna in nottata a Milano. A quel punto con un escamotage si fa accompagnare dalla guardia giurata negli uffici e riesce a sostituire la busta “vuota” con quella “piena”.

Ma quando Maradona è arrivato a Napoli, avevate coscienza che avevate comprato il calciatore più forte della storia? “No, non eravamo ancora consapevoli della sua reale grandezza. Sapevamo che era un giocatore molto molto forte. Aveva fatto grandi cose in Argentina, poi però a Barcellona era andato così così, e aveva anche avuto un brutto infortunio. Al Mondiale dell’82, contro le squadre europee, non aveva brillato”.

Cosa voleva dire vivere Maradona a Napoli?
Che voleva dire vivere ogni giorno Maradona? “Due cose – prosegue Luca Ferlaino – mi hanno colpito:

1 – In allenamento già vedevi che era in grado di fare cose con una semplicità e facilità sconcertanti. Scommetteva con tutti: dal segnare 30 rigori consecutivi a centrare la porta da centrocampo o qualsiasi altra posizione del campo. Non solo: lì capivi la sua importanza nello spogliatoio. Ma in allenamento spingeva tutti a superare i propri limiti. Ti faccio un esempio: quando arrivò Zola, spesso giocavano Maradona, Zola e Careca contro tutti. Maradona invitava Zola a tirare da centrocampo. Zola diceva: “Ma come, Diego, devo tirare da qua?”. E lui rispondeva: “Ma sì, è facile, appena superi il centrocampo prova a tirare in porta”. E così era, era impossibile dirgli di no.

2 – Tu eri convinto di vincere sempre perché avevi Maradona in campo. Infatti l‘obiettivo principale era farlo giocare la domenica. Ti spiego. Quando cominciò a fare le bizze perché non si allenava o si allenava poco e male, partiva il tira e molla con Bianchi (l’allenatore di quel Napoli, nda). Fino a giovedì Bianchi diceva che non avrebbe giocato. Da lunedì a mercoledì si assentava, non rispondeva al telefono.

Poi però giovedì si presentava per giocare la partitella, perché a lui piaceva giocare. Non lo faceva per recuperare la considerazione dell’allenatore ma perché a lui piaceva giocare. Magari giocava con la Primavera perché era in punizione e vinceva contro la prima squadra. E alla fine, la domenica è sempre andato in campo”.

Lo sgarro a Bianchi e lo sfregio Di Fusco
E per farci capire il rapporto burrascoso che c’era tra Bianchi e Maradona (e quanto Diego influenzasse i compagni), Luca ci racconta un aneddoto. Anno 86/87, quello del primo Scudetto. “A fine campionato il Napoli andò a pareggiare con l’Ascoli per far retrocedere il Como (che era la squadra di Bianchi). Allora Bianchi fece entrare Di Fusco (il portiere di riserva, nda) come centravanti in segno di sfregio alla squadra che aveva fatto uno sfregio a lui. Ma questo gesto assunse un significato preciso all’interno della squadra. Da quel momento Maradona, quando voleva prendere in giro Bianchi, durante le partitelle (visto che giocava spesso con la seconda squadra) metteva Di Fusco in attacco per farlo segnare“. E dimostrare che, se avesse voluto, avrebbe vinto anche con Di Fusco centravanti.

“Tra l’altro questo ti dimostra che Maradona poteva fare quello che voleva col pallone. Ma non perché si allenava o si sacrificava, gli veniva proprio naturale. E dimostra che lui poteva vincere le partite da solo. Nonostante fosse un selvaggio, non proprio una persona di cultura e si contornasse di gente discutibile, aveva questa forza, questo carisma, che riusciva a fare delle cose impensabili”.

Quando Maradona convinse Napoli a tifare per l’Argentina
“Come a Italia 90, quando convinse una città a tifare Argentina contro Italia. Aveva solo toccato le corde giuste, dicendo: ‘Come, gli italiani schifano Napoli tutto l’anno e voi ora volete tifare Italia? Chi è che difende i colori di Napoli per tutto l’anno, io o loro?’. E ha avuto ragione: la maggior parte dei napoletani ha tifato Argentina. L’Italia poi ha fatto degli errori strategici: si allenava a Roma, alla Borghesiana, mentre l’Argentina a Soccavo (la sede degli allenamenti del Napoli, nda). L’Argentina usava gli spogliatoi del Napoli al San Paolo, mentre l’Italia quello degli ospiti…l’Argentina praticamente giocava in casa“. Anche se “lo stadio era a prevalenza italiana, perché i biglietti erano stati venduti dall’organizzazione di Italia 90, quindi c’era gente da tutta Italia”.

Maradona non ha mai avuto particolari problemi nello spogliatoio, riusciva a farsi amare da tutti i compagni di squadra. Dice Ferlaino che “l’unico con cui ha avuto brutti rapporti è stato Giuliani. Ma non so perché. Forse dipende dalla diversa etica del lavoro”.

Difendere Maradona a ogni costo dalle minacce esterne
Luca Ferlaino ricorda quegli anni folli: “Grazie a Maradona venivano i più importanti giornalisti italiani a Napoli, c’erano sempre le televisioni. Per 7 anni c’è stato un clima di difesa da parte della società, l’obiettivo era far giocare Maradona. Dunque tutto ciò che poteva rappresentare una minaccia veniva lasciato fuori”. Anche perché “aveva questa capacità di contornarsi di gente discutibile, era proprio attratto da questo tipo di persone. Lui non frequentava la Napoli bene, la borghesia napoletana”.

Emblematica la storia della casa: “Aveva una bella casa, grande, con vista del mare… ma non una villa con la sicurezza, il giardino. Aveva una bella casa in un palazzo a Posillipo, come tanti miei amici. Coi soldi che guadagnava avrebbe potuto permettersi qualunque cosa”.

Ma cosa vuol dire che si contornava di gente discutibile? “Un anno prese in affitto un piano dell’hotel Hoyal con parenti, amici e conoscenti. L’hanno devastato”. Quanto al suo essere selvaggio (in senso affettuoso), c’è un altro aneddoto. “Al secondo scudetto papà gli regalò la Ferrari. Lui voleva la radio e l’aria condizionata. E mio padre tentò di spiegargli che una macchina sportiva non ha gli stessi optional di una berlina. Ma lui rispose: “Ingegnè, gliel’hanno messa nel c…”.

Il rapporto tra Maradona e Corrado Ferlaino
Poi si passa al rapporto padre-figlio con il presidente Ferlaino. “Papà è sempre stato tutta una cosa col Napoli, faceva gli interessi del Napoli non di Maradona. Mentre ora De Laurentiis non sta sempre a Napoli, mio padre non poteva andare a prendere il caffè al bar che gli chiedevano del Napoli, di Maradona…

A volte lui (Maradona) lo vedeva come un carceriere, ma mio padre non l’avrebbe mai venduto. Anche quando voleva andarsene (per esempio al Marsiglia), cercava di accontentarlo: gli dava continuamente premi extra, ma alla fine è sempre riuscito a trattenerlo. Mio padre era il capo, per cui Maradona, anche per indole, tendeva ad andargli contro. Maradona dava un sacco di problemi, però alla fine essendo mio padre malato di calcio non poteva non amarlo. Questo lo condizionava”.

Per capire la grandezza del personaggio Maradona, Luca torna ai giorni nostri: “Se pensi che lui è morto in epoca Covid e la notizia della sua morte ha avuto una rilevanza mondiale. Mentre parliamo, in piena zona rossa ci sono le persone vicino allo stadio (a Napoli, dove si gioca l’Europa League a porte chiuse, nda), e nessuno si permette di andare a interrompere le manifestazioni pro Maradona”.

L’importanza di Maradona all’interno della società Napoli è stata indiscutibile: “Ha sovvertito ogni logica: far vincere Napoli non era facile, non c’erano i soldi e la cultura manageriale dei club del Nord”.

Quando Maradona si impuntò per il tartufo
Un aneddoto che ricordi di aver vissuto in prima persona? “Anni dopo, quando venne a Roma a ritirare il premio Fifa, andammo a un ristorante di pesce vicino al Pantheon. Quando arrivammo là lui disse: ‘Voglio il tartufo’. Io tentai di farlo ragionare ma lui si impuntò, e non era neanche periodo di tartufi. Fece uscire tutti di testa ma alla fine abbiamo trovato il tartufo in un albergo di lusso”.

Maradona rompe con l’Italia dopo Italia 90
Ma perché ancora oggi una parte dei tifosi napoletani ce l’ha con Corrado Ferlaino, nonostante sia stato lui a portare Maradona a Napoli? “Quello tra papà e Maradona è stato un grande amore, come tra un uomo e una donna. Un amore fatto di amore, litigi, bisticci. E’ chiaro che ci fosse una chiara distinzione di ruoli: per noi l’importante era che giocasse la domenica”.

Un momento in cui lo scontro si è acuito è stato il 1990: “Dopo la finale dei Mondiali Maradona era molto arrabbiato per la finale (lo stadio Olimpico fischiò l’inno argentino e lui rispose dicendo “Hijos de puta”, nda) e per la squalifica per doping (nel 1991, nda). E mio padre era parte del sistema calcio, visto che all’epoca era consigliere federale“.

Quindi non è casuale la squalifica proprio quell’anno? “Maradona aveva tanti punti deboli, non gli hanno perdonato l’eliminazione dell’Italia nel Mondiale in casa. Era capace di sovvertire tutto, e lo dimostrò anche a Italia 90. L’Italia era più forte e lui l’aveva eliminata. E gliel’hanno fatta pagare. Quando l’hanno squalificato lui si drogava da tanti anni. Ma l’hanno beccato subito dopo i Mondiali…”.

Una storia che si ripete anche quattro anni più tardi. “Anche a Usa 94 se non l’avessero fermato forse avrebbe portato l’Argentina in finale. Ma dopo il gol con la Grecia e quella famosa scena degli occhi da pazzo non dava una immagine edificante e gli Stati Uniti non se lo potevano permettere con la loro moralità. Prima gli americani lo hanno sfruttato per lanciare il mondiale e poi l’hanno cacciato”.-BLITZQUOTIDIANO.IT

 

Maradona, Ottavio Bianchi: “Avrei dovuto dirgli qualche no in più”.
Intervistato dal Fatto Quotidiano, Ottavio Bianchi, che ha allenato Maradona al Napoli per quattro anni, ricorda:

“Ci giocavo sempre contro durante gli allenamenti, ma lui non voleva mai perdere.

Pur di vincere io facevo il furbo nella consegna delle casacche. Mi sceglievo come compagni quelli che giocavano ogni palla e gli lasciavo in squadra quelli più talentuosi ma che in allenamento magari tiravano indietro la gamba. Lui si arrabbiava, voleva a tutti i costi vincere.

Diego con i piedi faceva quello che io con difficoltà facevo con le mani.

Bastava dargli un pallone e diventava un bambino. Si divertiva. Diventava gioioso. Guai a non farlo giocare. Il calcio era una parte del suo corpo, era la sua vita. Uno non arriva a quei livelli se non ha questo amore, se non sente questa passione già da bambino”.

“Se gli ho lasciato qualcosa? Non lo so, non lo so. So che se c’era uno attento a tutte le soluzioni tattiche quello era Diego. Si metteva sempre a disposizione.

E non è vero che non si allenava. Ha mai conosciuto un musicista che arriva a livelli leggendari senza esercitarsi per dieci ore al giorno?

Il gol che ha fatto con la cosiddetta mano de dios all’Inghilterra, lo provava spesso nelle partitelle e tu stavi lì ad arbitrare e neanche te ne accorgevi”.

“Rammarico? Sì. E dovrebbero averceli tutti quelli che gli sono stati vicino. Al mio paese dicono che per un padre è più facile dire di sì che di no. Se tutti insieme avessimo detto qualche no, forse sarebbe stato meglio. Lui tuttavia era uno che decideva con la propria testa ed io ho sempre rispettato la vita privata degli altri, cercando di non interferire troppo”. (Fonte: Il Fatto Quotidiano)

 

Aperta indagine sulla morte di Maradona: ipotesi negligenza soccorsi. La famiglia: “Ambulanza arrivata tardi”.
La magistratura argentina ha aperto un’indagine per determinare se ci sia stata negligenza nella morte di Diego Armando Maradona, ovvero accertare se l’ex calciatore abbia ricevuto cure e soccorsi necessari. “Ci sono già irregolarità”, ha detto all’AFP un membro della famiglia del campione argentino.

A poche ore dalla sua morte, l’avvocato e amico di Maradona, Matias Morla, aveva denunciato il fatto “che l’ambulanza ha impiegato più di mezz’ora per arrivare alla casa” dove si trovava il paziente. Ma né lui né alcun membro della sua famiglia ha ancora presentato una denuncia, ha detto una fonte giudiziaria all’AFP.

“L’indagine è stata aperta perché si tratta di una persona deceduta nella sua casa e nessuno ha firmato il suo certificato di morte. Ciò non significa che ci siano sospetti di irregolarità”, ha detto la stessa fonte, richiedendo l’anonimato.

Perquisiti i tre dipendenti della ditta funebre che si sono fatti i selfie con la bara
La Procura insieme alla polizia hanno effettuato tre perquisizioni contro le tre persone che si sono fatte il selfie accanto alla bara ancora aperta con il corpo di Maradona. I tre, subito licenziati appena le foto sono circolate scatenando l’ira degli argentini, erano dipendenti della Funeral Home Sepelios Pinier e si erano presi cura del cadavere dell’ex calciatore.

Saranno chiamati a testimoniare dalla Procura ma non sono stati arrestati perché quanto viene loro contestato non è un crimine che giustifica un provvedimento restrittivo. La Procura li citerà per presunta profanazione di un cadavere ed è possibile che vengano anche accusati di violazione di “diritti molto personali”.

Si sta indagando sulla pubblicazione delle fotografie dei dipendenti con il corpo di Maradona. Le foto originali mostrano il corpo senza vita di Maradona. Durante le perquisizioni personali la Polizia ha sequestrato tre telefoni cellulari, un laptop, una chiavetta usb e diverse magliette che corrispondevano agli abiti che indossavano gli indagati al momento dello scatto delle foto. (fonte AGI)

 

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla nomina del prefetto Guido Longo come nuovo commissario alla sanità in Calabria.

La riunione del Cdm è stata lampo, durata solo il tempo della nomina.

Il tweet del premier Giuseppe Conte

“Il nuovo commissario per la sanità calabrese è il prefetto Guido Longo. Un uomo delle istituzioni, che ha già operato in Calabria, sempre a difesa della legalità”. -BLITZQUOTIDIANO.IT-

 

Nella nona giornata di Serie B, l’Empoli spreca l’occasione di superare in vetta il Lecce (solo agganciato) pareggiando contro il Vicenza, che trova il 2-2 con il rigore di Longo al 93’. Vince in rimonta il Venezia: Ascoli battuto 2-1 con Aramu e Fiordilino, mentre il gol di Dany Mota regala l’1-0 al Monza sulla Reggina. Successi in trasferta per Frosinone (2-1 a Brescia), Pordenone (2-0 a Pescara) e Cittadella (4-1 sul Pisa).
MONZA-REGGINA 1-0
Il Monza di Brocchi soffre, ma vince per la terza volta nelle ultime quattro partite. Primo tempo con poche occasioni: la più clamorosa è per gli uomini di Brocchi, che sfiorano il vantaggio con il colpo di testa mancato da Gytkjaer su cross dalla sinistra di D’Errico. Ad inizio ripresa, gli amaranto restano in dieci per la doppia ammonizione a Folorunsho. I padroni di casa ne approfittano e passano in vantaggio al 54′: angolo di Barberis e colpo di testa di Dany Mota che vale l’1-0. Passano tre minuti e il Monza ha subito l’occasione di trovare il raddoppio: il portoghese supera Plizzari e cade in area, con Robilotta che assegna un dubbio rigore ai brianzoli. Dal dischetto, però, il portiere degli amaranto ipnotizza Boateng, tenendo in gara la Reggina. Il Monza spreca altre due chance per il 2-0 colpendo la traversa al 63′ con Carlos Augusto e sbagliando nel finale con Colpani. La formazione di Toscano, però, non riesce a trovare il pari e incassa il quarto ko di fila, mentre il Monza sale a 13 punti.

EMPOLI-VICENZA 2-2
Emozioni a non finire al Castellani, dove l’Empoli prima si illude di poter tornare in testa da solo e poi subisce la doccia fredda in pieno recupero. Nonostante l’ampio divario in classifica il match è decisamente equilibrato: gli ospiti passano in vantaggio al 16’, quando Guerra colpisce il pallone al volo da posizione defilata e serve Meggiorini, che da pochi metri non sbaglia. I toscani ci mettono un po’ a riorganizzarsi ma trovano il pari al 56’: bella serpentina di Bandinelli sulla fascia e palla al centro per Matos, che batte con freddezza Perina. Il portiere biancorosso è protagonista, in negativo, del gol che all’88’ sembra decidere la partita: il colpo di testa di La Mantia è tutt’altro che irresistibile, ma la presa dell’estremo difensore dei veneti è incerta e il pallone rotola in rete. Ma l’illusione di vittoria dell’Empoli dura lo spazio di pochi minuti: è il 93’ quando Fiammozzi trattiene Longo in area e viene punito con il secondo giallo e il calcio di rigore che lo stesso attaccante scuola Inter trasforma. Il pareggio finale permette comunque all’Empoli di agganciare il Lecce in vetta a quota 18, mentre il Vicenza resta nella parte meno nobile della graduatoria, con 7 punti.

VENEZIA-ASCOLI 2-1
Sale al terzo posto in classifica il Venezia, che mostra grande maturità contro un Ascoli sempre più in crisi. Eppure i marchigiani non iniziano affatto male, anzi: al 14’, infatti, Pucino insacca su cross di Oliver Kragl, dopo una bella azione del centrocampista tedesco. Le ripresa, però, è completamente appannaggio dei lagunari, che al 55’ festeggiano un vero e proprio gol da antologia: a firmarlo è Mattia Aramu, che aggancia il pallone in area e si produce in una fantastica rovesciata che non lascia scampo al portiere Leali. L’inerzia dell’incontro è tutta a favore dei padroni di casa che poco più di dieci minuti dopo completano la rimonta: è il 68’, infatti, quando Di Mariano serve al centro Fiordilino, che con un destro secco dall’altezza del dischetto del rigore insacca. Gli ospiti non riescono più a ritrovarsi e terminano la partita anche in dieci uomini, con l’espulsione per doppio giallo di Riccardo Brosco a ridosso del 90’. Vince così il Venezia, che si porta a -1 dalla vetta provvisoria della cadetteria. L’Ascoli, che non vince dal 20 ottobre, resta a 5 punti.
BRESCIA-FROSINONE 1-2
Dopo due sconfitte consecutive, il Frosinone di Alessandro Nesta riprende la sua corsa battendo in trasferta il Brescia grazie a un finale in crescendo. I ciociari partono con gran ritmo e si ritrovano in vantaggio al 27’, quando un tiro-cross di Zampano beffa Joronen dopo l’intervento mancato di Chancellor. La rete però scuote le rondinelle che trovano il pari al 33’: dopo un batti e ribatti in area di rigore, Dessena prova la rovesciata e il pallone da lui colpito, leggermente fuori misura, trova sulla sua traiettoria Torregrossa che ribadisce in rete da due passi. Nella ripresa il Brescia resta in dieci al 67’, per una doppia ammonizione nel giro di pochi minuti a Bjarnason, e il Frosinone accelera alla ricerca dei tre punti. I padroni di casa sembrano resistere ma capitolano a sei minuti dalla fine, quando Parzyszek ribatte a rete un pallone inizialmente respinto dal portiere del Brescia su colpo di testa di Ciano. Per il Frosinone sono tre punti fondamentali per riportarsi a ridosso delle primissime posizioni (Empoli e Lecce sono a 2 punti), mentre in casa Brescia, che resta a 9, restano tanti i punti interrogativi.

PISA-CITTADELLA 1-4
Prestazione dominante dei veneti, che surclassano i nerazzurri e mettono fine a una serie di quattro partite senza vittorie, Coppa Italia compresa. Già al 6’ arriva la rete del vantaggio: a segnarla è Gargiulo, su azione avviata dalla rimessa laterale di Ghiringhelli e passata dalla sponda decisiva di Ogunseye. Quest’ultimo, poi, è il protagonista del raddoppio al 19’: è lui, infatti, a subire il fallaccio di Benedetti in area (l’arbitro Pezzuto espelle il difensore senza pensarci troppo) e a realizzare il calcio di rigore. Con due reti di vantaggio e la superiorità numerica, il Cittadella gioca in scioltezza e chiude definitivamente i conti tra il 63’, quando Pavan riesce a superare Perilli alla seconda occasione dopo una prima parata del portiere dei pisani, e l’87’, con Iori che fa poker sugli sviluppi di un corner. La rete un minuto dopo di Marconi vale soltanto per l’onore: vince il Cittadella, che sale a 14 punti, mentre il Pisa resta a 7, nella zona calda della classifica.

PESCARA-PORDENONE 0-1
Quinto risultato utile consecutivo per gli uomini di Attilio Tesser, che archiviano la pratica nella prima ora di gioco e possono gestire il punteggio nel finale complice l’inferiorità numerica degli avversari. Ci vogliono 25 minuti, ai friulani, per segnare la rete del vantaggio, meritata vista la pressione iniziale: a segnare è Diaw, che sfrutta nel migliore dei modi il cross di Magnino e beffa Fiorillo. Il Pescara non riesce ad entrare in partita e il Pordenone ne approfitta al 58’, quando Filippo Berra firma il raddoppio sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Dieci minuti dopo l’entrata killer di Fernandes su Pasa causa il rosso diretto per il primo che scrive, di fatto, la parola fine sull’incontro, il cui punteggio non cambierà più fino al 90’. Il Pordenone sale così a 12 punti, mentre il Pescara resta penultimo a quota 4.-mediaset-

Pubblicato da Alessandro Lugli

Alessandro Lugli è nato a Napoli e ivi residente. Poeta, giornalista pubblicista e cantante. Direttore di vari blog da lui creati.